[Intervista #21] Coffee Time with Viviana Giorgi

Buongiorno #FeniLettori!  Dopo la lettura dei suoi meravigliosi romanzi  e dopo la disponibilità che ci ha concesso.  In questa giornata uggiosa prendiamo un Tè con...

F.B. E’ un piacere per noi averti qui sul nostro blog. Ti va di prendere un Tè con noi e parlarci un po’ di te? 

V.G. Certo che mi va. Sono sempre felice di prendere un tè con delle amiche come voi.
Iniziamo…
Pronta!
  
F.B. Ho letto due dei tuoi romanzi “Un amore di fine secolo” e “La Traversata” che sarebbe un prologo del prossimo romanzo, inerente ai protagonisti del primo libro. Come ti è venuta l’idea di ambientare un romanzo alla fine dell’Ottocento?
 
V.G. È un periodo poco frequentato dal romance storico, e questa sarebbe già una ragione sufficiente per come la vedo io, ma nello stesso tempo è così ricco di stimoli, di scoperte e di rivoluzioni – sociali e culturali - che l’ho trovato ideale per la storia di rinascita femminile che volevo scrivere. Non solo ho scelto la fine dell’800, ma, per “Un amore di fine secolo”, ho deciso di ambientare la vicenda a New York che già allora era una città molto più avanti e moderna rispetto alle grandi capitali europee. Figurati che solo a New York c’erano diciotto quotidiani!  Per non dire della condizione delle donne che a New York erano molto più libere ed emancipate che nella vecchia Europa. Se Camille, la protagonista, fosse rimasta in Inghilterra, temo proprio che le cose per lei non sarebbero andate altrettanto bene.  

     F.B. Caratterizzi molto bene la tua protagonista, forte e decisa, Camille Brontee. Quasi un miraggio per quei tempi. A chi ti sei ispirata? Ti assomiglia? 

V.G. A quell’epoca in America non erano poche le donne che lavoravano come giornaliste, anche per testate molto importanti. Avevo letto di alcune di loro ed ero rimasta affascinata dalla loro vita, così emozionante e intensa, diversa da quella della maggior parte delle altre donne che rimanevano a casa a occuparsi della famiglia. Non mi sono lasciata scappare quindi l’occasione di fare della redazione di un quotidiano lo scenario del mio romanzo, un luogo ideale dove far muovere i primi passi verso la libertà alla mia eroina e anche dove farla innamorare. Non so dirti cosa ci sia di me nelle mie protagoniste, a parte il fatto che Camille e io condividiamo l’amore per la scrittura e per il giornalismo; so solo che di solito quando termino un romanzo le invidio moltissimo.


             F.B. Una domanda a bruciapelo. Cos’è per te la scrittura? 
               Da cosa prendi ispirazione?

V.G. La scrittura per me è un modo per sentirmi bene, per essere appagata, per guarire dalle piccole preoccupazioni della vita. È stata anche una terapia vera e propria, a un certo punto della mia esistenza. Non saprei dire da cosa prendo ispirazione; probabilmente dal mio background, dalle cose che ho visto, fatto, letto e ascoltato. Dal cinema e dai libri. Dalle persone che ho conosciuto e dai posti che ho visitato. A un certo punto tutto questo calderone che mi ribolle dentro forma delle bolle e da quelle bolle escono delle storie e dei personaggi. Ok, ora penserai che io sia da neurodeliri, ma è così.


F.B. Ho amato molto i personaggi che hanno affollato il romanzo “Un Amore di fine secolo” soprattutto Frank Raleigh, deciso e prepotente, quale dei tuoi personaggi ami di più?

V.G. Sono due i personaggi che preferisco, ed entrambi sono due uomini. Non so per quale motivo, ma credo che in genere i personaggi maschili mi vengano meglio di quelli femminili, tanto che  a volte me ne innamoro. A volte? Sempre me ne innamoro, se no come potrebbero le mie protagoniste innamorarsene? Ma, per tornare alla domanda, ecco chi sono i miei due personaggi preferiti: Mitch Sanderson, il mio cowboy dagli occhi verdi, protagonista di “Tutta colpa del vento” – un contemporaneo ambientato nel Wyoming – e Ken Benton, l’altro di “Un amore di fine secolo” e protagonista de “La Traversata” e del romanzo che a questo seguirà e che uscirà dopo l’estate. Mitch l’ho adorato perché è un eroe vero che rifiuta il ruolo di eroe, un uomo pacato e riflessivo che ha rischiato la vita per il suo paese e che è capace di rischiarla con altrettanto coraggio per salvare un puledrino minacciato da un branco di lupi; Ken lo amo (uso il presente visto che sto ancora scrivendo di lui) perché è un uomo che potrebbe trascorrere la vita nell’ozio e nel lusso, ma che invece sceglie di darsi da fare perché il nuovo secolo sia migliore di quello passato; uno che potrebbe sembrare un agnello, all’inizio, ma che si trasforma in un leone. Un eroe anche lui, a suo modo.

F.B. Ci sono scrittori che scrivono di notte, altri che si dedicano alla scrittura nei momenti più impensabili. Tu che tempi hai? Quanto tempo dedichi alla scrittura?
 
V.G. Dipende. Non ho mai delle dead line rigide, per cui mi prendo i miei tempi; in generale, non riesco mai a dedicare più di tre, quattro ore piene alla scrittura. In ogni caso, che piova o tiri vento, scrivo tutti i giorni, magari dieci righe, ma scrivo. Non ho preferenze sul quando, mi basta che ci sia silenzio in casa e di essere libera da altri impegni, in modo da potermi immergere nella narrazione completamente.

F.B. So che hai scritto anche altri romanzi, pur non avendoli letti, parlaci in poche parole di loro. 
 
V.G. Con molto piacere. Il mio primo romanzo è stato un chick lit, “Bang Bang Tutta colpa di un gatto rosso”. Una storia ambientata a Milano con personaggi che ogni tanto ricompaiono anche nei miei altri contemporanei. A questo è seguito “Un cuore nella bufera”, una novella di Natale che si svolge tra le nevi dell’Alaska. Il terzo romanzo è stato “Alta Marea a Cape Love”, che ci porta sulla costa del Maine, in estate, e infine “Tutta colpa del vento” di cui parlavo prima. Come puoi vedere, le ambientazioni dei miei contemporanei sono quasi sempre nord-americane, ma ci tengo a dire che le eroine sono tutte italiane. Ultimi usciti, i due storici, “Un amore di fine secolo” e “La traversata”. Ho pubblicato anche diversi racconti in varie antologie, sempre con la mia casa editrice, Emma Books.

F.B. Cosa ci riserverai in futuro? Ti stai dedicando ad altri scritti?
 A breve avremo tue notizie?
 
V.G. Spero proprio di sì! Sto lavorando a un contemporaneo, di cui non ho ancora il titolo, che dovrebbe uscire verso la metà di aprile, e dopo questo sarà la volta di Ken Benton, che ritornerà a grande richiesta dopo l’estate. Lo rincontreremo nella Londra Vittoriana, un po’ cupa e misteriosa, del 1900.

F.B. Grazie di essere stata con noi e in bocca al lupo!
V.G. Grazie di questa bellissima intervista Rosa,  del tè e dell’amicizia che mi avete offerto. In quanto al lupo… crepi! (poverino)


È il 1898 e Camille Brontee, sfuggita al grigiore di Liverpool e della sua vita, sbarca a New York per andare incontro a un matrimonio combinato. Peccato che il promesso sposo, il “bastardo americano”, come subito lo soprannomina lei, non si presenti all’appuntamento. Per Miss Brontee inizia così l’avventura nel Nuovo Mondo, dove tutto è possibile, dove persino una donna può entrare a far parte di un universo tutto maschile come quello della redazione di un giornale, il Daily, e vivere una travolgente storia d’amore. Ma con chi? Con l’impacciato erede di un impero finanziario, Ken Benton, che la rispetta e la venera come una vestale, o con l’arrogante Frank Raleigh, spregiudicato editore del Daily, la cui sola vicinanza scatena in lei una guerra continua tra il cuore e la mente? Dovrà attendere gli ultimi sgoccioli del XIX secolo per scoprirlo...Nel suo consueto stile brillante e arguto, Viviana Giorgi ci racconta un’appassionata quanto tormentata storia d’amore. Sullo sfondo, tra realtà e finzione: una New York moderna e vibrante, il mondo dell'editoria e della finanza, i capricci della high society, i conflitti sociali e le prime rivendicazioni femminili. Ma non solo. C'è un altro personaggio che sgomita e spinge lungo tutto il romanzo per emergere: è il Novecento, il nuovo secolo, con le sue promesse e le sue speranze. Per Camille, il secolo dell'amore.
Primo giorno di navigazione
1 gennaio 1900, al largo della Costa Orientale degli Stati Uniti
«Mr Benton, l’accompagno al suo posto al tavolo del comandante.»
Con un piccolo cenno di ringraziamento, Ken seguì lo steward nella sfarzosa sala da pranzo dell’Oceanic II, tutta marmi, specchi e lampadari di cristallo, sino al tavolo centrale imbandito con una tale quantità di bicchieri e posate da mettere probabilmente in soggezione più di un commensale. Durante la traversata avrebbe diviso i pasti con il comandante, Mr Cameron, il suo vice, il medico di bordo e una ventina di passeggeri di prima classe, considerati, per varie ragioni a lui poco comprensibili, importanti. Ne aveva ricevuto l’elenco completo solo pochi minuti prima dal valletto che era andato a prelevarlo nel suo alloggio, per scortarlo, come un secondino, sino alla sala da pranzo: un trattamento di riguardo per i viaggiatori importanti che occupavano le suite del ponte principale del transatlantico. In realtà, Ken aveva sperato di poter trascorrere i cinque giorni della traversata da solo, a elaborare la delusione e a piangere sulla sua vita che non sarebbe trascorsa al fianco della donna che ancora amava disperatamente. E invece… era stato catapultato in un mondo dove gli obblighi sociali sembravano essere ancora più assillanti che sulla Quinta Avenue. Forse, a pensarci meglio, da domani avrebbe deciso di consumare tutti i pasti chiuso nella sua cabina, servito da Jim, il suo valletto. Forse ci sarebbe rimasto per tutti e cinque i giorni, chiuso nella sua cabina.

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