[Intervista] Coffee Time with Cynthia Hand



F.B. Il pubblico americano ha imparato a conoscerti e apprezzarti come scrittrice Young Adult/Paranormal, grazie al successo della serie Unearthly. L’ultima volta che ti ho detto addio, invece, è un romanzo Young Adult con un’impronta molto differente, per tematiche e ambientazione. Da cosa è nata l’urgenza di scrivere questo romanzo? 
C.H. In tutti i miei libri ricorrono temi simili: il rapporto tra fratelli, tra madre e figli, padri assenti e la perdita inevitabile delle persone che amiamo. Queste riflessioni ricorrono nei miei romanzi così come in L’ultima volta  che ti ho detto addio, tuttavia questo romanzo è incentrato sul processo del lutto, su come viene affrontato da chi si trova a confrontarsi col tema del suicidio di una persona cara. Mio fratello è morto proprio in una circostanza analoga, quando avevo vent'anni e lui diciassette: ho pensato che potesse essere importante condividere questa esperienza con gli altri, per provare a capire.

F.B. L’ultima volta che ti ho detto addio è un romanzo emozionale, che tocca il cuore dei lettori ma soprattutto ti coinvolge in modo molto intimo e personale. Come hai trovato la forza di raccontare questa vicenda? La scrittura è stata in qualche modo catartica?
C.H. È stato un romanzo difficile e molto doloroso, per molti aspetti. Verso la fine, ci sono state intere settimane in cui mi sono ritrovata a piangere guardando queste pagine. Ma sì, penso che in fondo che sia stato catartico, mi ha aiutato a lavorare sulle mie emozioni e sui sentimenti che ancora mi tormentano dopo la morte di mio fratello.

F.B. In che modo si riesce a conciliare una scrittura dedicata ad un pubblico di giovanissimi a tematiche così delicate, come il dolore, la perdita e il suicidio?
C.H. Gli adolescenti hanno a volte una visione molto “romantica” del suicidio, il che mi preoccupa, perché nella mia esperienza, non c'è nulla di tutto questo in un atto di morte. Oltre il 50% degli adolescenti americani hanno pensato al suicidio durante l'adolescenza, è tremendo. Ecco perché ho voluto parlarne: volevo condividere quello che si prova, la rabbia, il dolore di chi resta, senza quella patina eroica che si percepisce nell’immaginario comune. Ho raccontato la realtà, nel modo più crudo possibile, così com’è. 

F.B. L’ultima volta che ti ho detto addio racconta un equilibrio quasi straniante tra prima e dopo, assenza e presenza, routine quotidiana ed eventi che ne turbano il normale flusso.  In che modo Lexie trova il coraggio di andare avanti, superando il senso di colpa che sembra opprimerla?
C.H. Arriva a un punto in cui Lexie deve andare avanti, ad ogni costo. Ma ci sono diverse cose che l’aiutano: i suoi amici, che non rinunciano a credere in lei, il suo terapeuta, sfidandola ad essere onesta con se stessa, e infine la madre, e il reciproco aiuto nel tentare di superare il dolore. Credo che Lexie debba trovare la forza di mantenere i buoni ricordi, qualcosa di bello della sua vita “prima”, oltre la tragedia.

F.B. Qual è il ruolo di Sadie, la vicina di casa e coetanea, in tutta la narrazione? Pensi che per un adolescente sia più semplice confidare le proprie paure ad un estraneo piuttosto che cercare rifugio all’interno del nucleo familiare?
C.H. Sadie è uno dei miei personaggi preferiti. Svolge il ruolo di un’estranea simpatica (anche se lei e Lexie sono state amiche da bambine) e sì, credo gli adolescenti a volte trovino più facile parlare con persone che nutrono meno aspettative nei loro confronti, rispetto a genitori e amici. Sadie offre una prospettiva diversa a Lexie, sia dal punto di vista del lutto (il papà di Sadie è morto qualche anno prima), sia perché crede in una vita oltre la morte, a differenza della protagonista.

F.B. Quanto c’è di te in Lexie, la protagonista del romanzo? In che modo la personalità lucida e razionale della protagonista riesce a convivere con la “presenza” di Tyler?
C.H. Quando ho iniziato a scrivere il libro è stato difficile, stavo cercando far raccontare alla protagonista un dolore che io stessa non ero riuscita ancora ad esprimere. Ma poi il personaggio di Lexia ha iniziato a prendere vita: io non ero più lei, e la storia di suo fratello non era la mia. Oltretutto, io sono terribile in matematica e probabilmente non sono nemmeno la persona più razionale del mondo. Ma c’è una cosa: dopo la morte di mio fratello ci è capitato di sentire il suo profumo in giro per casa, in modo inaspettato. Mia madre era convinta che lui fosse ancora con noi, mentre io odiavo questa reazione. Non volevo più sentirlo, mi rifiutavo di crederci. Quindi, a quel livello, la mia reazione è stata molto simile a quella di Lexie.

F.B. Qual è il messaggio che vorresti trasmettere ai lettori con L’ultima volta che ti ho detto addio?
C.H. Le persone che amiamo non se ne vanno mai veramente.


Lexie Rigs è un genio della matematica tutto per lei è rigorosamente razionale, così quando inizia a percepire in casa segni della presenza del fratello - da poco scomparso - non riesce a confidarsi con nessuno. Di certo non lo può dire a sua madre, già convinta che Tyler sia con loro. Non può raccontarlo alle amiche nerd come lei, perché la prenderebbero per pazza. Non può lasciarselo scappare nemmeno con il suo psicanalista: non vuole certo finire imbottita di farmaci. Alla fine, lo confida alla vecchia amica e vicina di casa, Sadie, che non si scompone minimamente di fronte a quell'assurdità,e anzi la aiuta a capire che cosa potrebbe volere Tyler da lei, se davvero si trattasse di lui. Inizia così per Lexie una sorta di viaggio nelle ultime ore del fratello, e ogni tassello del mistero che circonda la sua morte trova piano piano il suo posto. Così Lexie capisce che un fantasma non deve per forza essere vero per impedirti di andare avanti. E ora è il momento di andare avanti.


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