[Rubrica: Se Fosse#4] Intervista a Eleonora Mazzoni

E se un libro o un autore fossero musica...e se un libro o autore fossero un film, un colore, una città ...Ognuno di noi nel nostro immaginario crea mille mondi, mille volti e mille ideologie. Da oggi Barbara (la nostra contributors) invece di inserire le solite recensioni e le solite interviste assocerà questa meravigliosa idea di immaginare se un Autore fosse...o un libro ...a seconda dei casi. Sotto dopo la relativa intervista o recensione troverete i suoi se fosse...Buona Lettura e In bocca al lupo per la sua nuova rubrica!


INTERVISTA  A  ELEONORA MAZZONI

Eleonora Mazzoni è un'attrice ed è l'autrice de “Le difettose” (la recensione la trovate qui)   romanzo edito da Einaudi che parla d'amore. Il forte amore per un figlio che non arriva. Il desiderio, il sogno. Parla di donne forti e coraggiose che si incontrano e si incoraggiano nelle sale d'attesa. Racconta il percorso difficile della fecondazione assistita. Eleonora è stata delicata nel raccontare questo “mondo”. Tra le pagine di questo libro ci si commuove, si sorride e si pensa molto. Si va a fondo al proprio io e tira fuori l'anima.

Eleonora tu sei un'attrice, la scrittura è nata insieme a te o con il desiderio della maternità?

Ho sempre amato scrivere. Poesie, racconti. E poi tante, tantissime lettere. Ai tempi della mia adolescenza (senza il web e senza i social) era comune comunicare con amici e innamorati attraverso le lettere. Per dichiararsi, lasciarsi, confermare un sentimento o capire le ragioni di un litigio. Ho continuato a scrivere per tutti gli anni del liceo e dell'università. Poi quando a 23 anni mi sono laureata, qualcosa è cambiato. Mi ero infatti già iscritta alla scuola di teatro di Bologna e, interpretando i grandi testi (sono stata particolarmente fortunata e mi è capitato fin da subito di recitare Shakeseare, Genet, Claudel, Boccaccio, Goldoni e altri autori di questo calibro), ho sentito che quelle parole raccontavano i miei sentimenti e la mia visione del mondo magistralmente e infinitamente meglio di quanto avrei mai potuto fare io. Allora mi sono buttata a capofitto nel mio mestiere di attrice, mettendo da parte il resto.

Carla, la protagonista de “Le Difettose”, è una donna realizzata e felice, le manca solo un figlio. Può questo sogno diventare ossessione? Fino a quanto ci si può spingere per raggiungerlo?


Ogni nostro desiderio quando fatica a realizzarsi può trasformarsi in ossessione. È come se diventasse il catalizzatore di tutte le nostre mancanze. In più un figlio è un desiderio speciale, primitivo, molto legato all'identità profonda del femminile. E' facilissimo, quindi, che diventi un pensiero fisso ed è più difficile fermarsi. Ti convinci che solo nel momento in cui avrai un bambino sarai salva, troverai pace. Invece no. La perdita, le ombre, i vuoti fanno parte della condizione umana. Permangono. E vanno accettati. Neppure un figlio te li potrà riempire. Per questo ho scelto per Carla due guide, Seneca e la nonna Rina, a cui sono morti i figli in giovanissima età e che solo attraversando quel lutto hanno potuto iniziare il loro personale percorso di saggezza.

Hai voglia di raccontare cosa significa non poter avere figli? Cosa si prova ogni mese quando le rosse si ripresentano puntuali?


Hai presente quando un vinile scheggiato non permette alla testina del giradischi di stare tranquillamente nel solco? Ecco. Tu comunque speri che al prossimo giro la punta non si incagli più e invece non ce la fa, non scorre, la canzone si blocca. La tua canzone preferita, che ogni mese vorresti cantare a perdifiato fino alla fine, ti rimane dentro la gola, ridotta a poche note storpiate.

E la strada della fecondazione assistita? E' una scelta difficile? C'è stato un momento in questo percorso in cui hai pensato “ora mollo tutto”. Se sì quando, perché?

Non c'è stato un momento, ce ne sono stati tantissimi. Dopo il primo tentativo fallito ho detto "mollo tutto", tanto grande era la sicurezza che ce l'avrei fatta (purtroppo spesso i medici sorvolano sulle percentuali di fallimento) e altrettanto grande la delusione per l'arrivo inaspettato delle rosse. E in effetti così è stato. Per più di un anno ho accantonato qualsiasi progetto di Pma. L'idea di ricominciare di bombardarmi di punture sulla pancia mi repelleva. Solo che dopo un altro anno sono rimasta incinta naturalmente. Anche se al terzo mese la gravidanza si è interrotta (altra esperienza molto comune tra le donne e che racconto nel romanzo) quella mi è sembrata un’indicazione della vita: dai, provaci di nuovo, ricomincia da capo...

Immagino che in questo percorso difficile e doloroso si incontrino anime fragili e forti allo stesso tempo, donne con lo stesso obiettivo. Nascono complicità e amicizie? Con qualcuna sei rimasta in contatto?

Con alcune persone incontrate realmente (non sul web, intendo) in effetti è successo. Le avevo conosciute durante la mia seconda fecondazione, che ho fatto in un ospedale pubblico, e rispetto ai centri privati stai più tempo in sala d'attesa, aspetti di più per fare le analisi e le eco, quindi hai più tempo per condividere. Poi, dopo che è uscito il romanzo, mi è capitato di entrare in contatto con molte “difettose” e con alcune è nato un rapporto intenso.

Credo che questo “mondo” sia poco conosciuto e poco rispettato all'esterno, pensi si possa e si debba fare qualcosa in più per aiutare le donne che non possono avere figli? L' Italia è davvero così indietro rispetto ad altri stati? Cosa dovrebbe fare per aiutare tutte le donne che non riescono a diventare mamme?

L’aiuto più importante sarebbe quello di lasciarle libere di utilizzare secondo coscienza le tecniche che scienza e medicina mettono a disposizione oggi, e non condizionarle con leggi pensate da chi non sa niente di loro e neppure si preoccupa più di tanto di approfondire l’argomento. Sì, mi dispiace dirlo, eppure l’Italia è un paese che finora ha avuto le regole più stupidamente restrittive in materia di procreazione assistita. Lo sai in Olanda quando è diventata legale l’eterologa? Nel 1949, un anno dopo l’entrata in vigore della costituzione italiana. E poi una Icsi dovrebbe costare di meno (questo anche in altri paesi oltre al nostro, a dire la verità). Ormai si può. Le spese sono più contenute di quanto si creda. Ma c’è ancora in giro troppa speculazione, troppo business. Invece le tecniche dovrebbero essere più democratiche e alla portata di tutti.

So che alla fine tu ci sei riuscita. La costanza, la forza, la volontà e l'amore ti hanno donato due gemelli. Racconterai loro come sono nati?

Credo di sì. Spero che verranno naturali sia i modi sia i tempi per parlarne. E, anche se avessi la tentazione di evitare tutta la faccenda e far finta di niente, beh, ci ho scritto un libro sopra a questa meravigliosa e complicata faccenda, sarebbe veramente impossibile!

SE FOSSI...
Come avrete notato la rubrica si chiama “Se fosse...”e si riferisce proprio a quello che state pensando. Ora lascio spazio di nuovo alla nostra scrittrice con i suoi “se fosse... una città, un colore, un film e una canzone.
 
Se fossi città vorrei essere New York, per la sua vitalità e giovinezza, per il tirar tardi la sera, lo svegliarsi presto la mattina, la lotta, l'impegno, la voglia di fare e cambiare.


Se fossi colore vorrei essere azzurro, l'azzurro dell'orizzonte, quello in cui cielo e mare non si distinguono più, per potermi sentire anello di congiunzione tra l'aria e l'acqua.


Se fossi film vorrei essere La signora della porta accanto di Truffaut, per contenere dentro di me lo svenimento di Fanny Ardant, quando bacia Depardieu dopo otto anni che la loro storia è finita.


Se fossi canzone vorrei essere Exit music dei Radiohead, atto di libertà di due giovani che accusano il mondo mediocre e coercitivo degli adulti.

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