Racconto: "Diario di Black Gray - Le indagini Paranormali di Fedor Chastel " #4

Rieccoci con le nostre indagini ...a che punto saranno i nostri investigatori?!

IV Parte

“Cosa stai pensando?” Fedor scostò il piatto di minestra rimasto intatto, e fissò Delvin.
Non aveva fame. La morte del fabbro aveva aperto una voragine nelle indagini. E chiuso il suo stomaco.
Era la prima volta in assoluto che gli capitava una situazione del genere. Non c’era un punto di partenza, o meglio esisteva, ma non acclarato da alcuna certezza. Razionale! Lui, nonostante tutto, non voleva ancora abbandonare quella pista.
Delvin, fin dall’inizio, aveva avanzato un ipotesi soprannaturale. E anche ora, dopo l’uccisione del fabbro, continuava a insistere su due piste differenti e convergenti. Dannazione a lui! Aveva ragione, ma voleva ancora concepirla come una remota eventualità e non come un’assoluta certezza. 
L’indomani mattina sarebbe arrivata la polizia.
Immaginava già il ghigno di quell’avvoltoio di Dipton. Il loro fallimento era anche il suo, ma non gli sarebbe certamente importato. Agli occhi del governatore loro erano gli unici responsabili delle indagini. Al diavolo! Avrebbero risolto quel caso. Se non altro per rendere giustizia a quelle povere bambine innocenti. Lo dovevano a loro e a nessun altro! Che il villaggio sapesse era una certezza. Ora però dovevano capire fino a che punto quel patto scellerato coinvolgesse gli abitanti di Ash. Ma di chi fidarsi? Potevano davvero dormire sotto quel tetto senza temere che qualcuno, nottetempo, si intrufolasse nelle loro stanze per ucciderli? 
Erano in pericolo. L’assassino di Jeres li riteneva certamente un fastidio. Il villaggio stesso li riteneva un fastidio. “Che siamo nei guai fino al collo. Questo è quello che penso”.
Delvin fissò il locandiere dietro di lui. Non si fidava di quel tipo. Non si fidava di nessuno.
Bastava una minestra avvelenata o una pugnalata alle spalle e i due sbirri sarebbero stati un ricordo! Di certo avrebbero attirato ancor più l’attenzione sul villaggio. E questo, lui o loro, non lo volevano affatto. Sorrise amaro. Era una ben misera consolazione. Ingoiò il boccone. 
Non avevano trovato tracce significative in casa del fabbro. Niente. Il suo era il primo omicidio che non coinvolgesse una bambina. Lui era il legame tra le morti misteriose e la risoluzione del mistero. La chiave … e loro l’avevano perso! Delvin incrociò lo sguardo di Fedor e si accorse che lo stava fissando a sua volta. “Andiamo, ho voglia di un sigaro” disse alzandosi dal tavolo e avviandosi fuori.
Lo sbuffo di fumo si condensò rapido nella notte che opprimeva il villaggio. Delvin gettò il resto del sigaro a terra e lo calpestò. Dovevano essere dei veri e propri pazzi incoscienti per avventurarsi lì fuori. Avevano una lampada a gas. “Non potete uscire senza questa!” - aveva detto con tono preoccupato il locandiere, accendendo lo stoppino e porgendo loro la lucerna ammaccata.
Si trovavano alle spalle della fucina, proprio al centro del villaggio. La passeggiata si era conclusa accanto all’albero che definiva una sorta di piazza dove la gente di Ash, quelle rare volte che accadeva, si incontrava. Fedor si toccò il fianco al di sotto del lungo cappotto nero, alla ricerca del pugnale. Delvin lo imitò. Lo impugnarono come fosse un naturale prolungamento del proprio braccio, poi lo fecero sparire rapidamente nella manica nera. Il resto della singolare dotazione di cui disponevano era rimasta nelle camere. Nascosta, alla loro maniera.
“Sei sempre della stessa idea!” Delvin incrociò le braccia al petto.
Conosceva quell’atteggiamento. Fedor lo fissò in cagnesco. Le labbra tirate e gli occhi come due pietre nere. “La morte di Jeres è opera di un comune assassino. Te lo concedo. Ma quella delle bambine, no!” Freser non aveva alcuna intenzione di cedere di fronte al suo mutismo. L’amico sospirò rassegnato. Ne avevano discusso per quasi tutta la serata. Le assurde circostanze della sua stessa nascita, lo portavano a rifiutare, pur avendolo affrontato, il pensiero del male vero, quello fatto di magia e morte, demoni e streghe, mostri e vampiri. “Ricordi Ghersil?”
Fedor storse le labbra. Come dimenticare! Quella bestia maledetta aveva ucciso una decina di innocenti prima che arrivassero loro a fermarlo. Era stata la prima volta che si era trovato a contatto con i suoi poteri! L’esperienza lo aveva letteralmente devastato. Da allora aveva fatto l’unica cosa plausibile. Aveva ignorato cosa fosse davvero. O almeno, ci aveva provato.  
Ma sapeva anche il motivo fondamentale per cui avevano scelto loro per quel caso. Avevano sentito parlare del suo lato oscuro. Dei suoi vezzi. Vezzi?! Come se a lui piacesse andarsene in giro a scovare demoni, uccidere bestie immonde e avere quei terribili mal di testa.
“E’ stato lì che ho scoperto di essere anch’io un mostro, no?” disse sardonico.
Di nuovo. Era stufo di quella lagna. “Tu non sei un dannato mostro. Hai un dono e maledizione a te, ti costringerò ad accettarlo!”
Si fissarono per un lungo minuto. Uno di fronte all’altro. Fedor sapeva bene quanto l’altro fosse testardo. Delvin lo stava sfidando. Ma aveva un vantaggio su di lui. Il senso di colpa. Decise di metterlo da parte, per il momento. continua...


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