F.B. E’ un piacere per noi averti qui sul nostro blog. Ti va di
prendere un Tè con noi e parlarci un po’ di te?
V.G. Certo che mi va. Sono sempre felice di prendere un tè con
delle amiche come voi.
Iniziamo…
Pronta!
F.B. Ho letto
due dei tuoi romanzi “Un amore di fine secolo” e “La Traversata” che sarebbe un prologo del prossimo romanzo, inerente ai
protagonisti del primo libro. Come ti è venuta l’idea di ambientare un romanzo
alla fine dell’Ottocento?
V.G. È un periodo poco frequentato dal romance
storico, e questa sarebbe già una ragione sufficiente per come la vedo io, ma nello
stesso tempo è così ricco di stimoli, di scoperte e di rivoluzioni – sociali e
culturali - che l’ho trovato ideale per la storia di rinascita femminile che
volevo scrivere. Non solo ho scelto la fine dell’800, ma, per “Un amore di fine
secolo”, ho deciso di ambientare la vicenda a New York che già allora era una
città molto più avanti e moderna rispetto alle grandi capitali europee.
Figurati che solo a New York c’erano diciotto quotidiani! Per non dire della condizione delle donne che
a New York erano molto più libere ed emancipate che nella vecchia Europa. Se
Camille, la protagonista, fosse rimasta in Inghilterra, temo proprio che le
cose per lei non sarebbero andate altrettanto bene.
F.B. Caratterizzi
molto bene la tua protagonista, forte e decisa, Camille Brontee. Quasi un miraggio per quei tempi. A chi ti sei ispirata? Ti assomiglia?
V.G. A quell’epoca in America non erano poche le
donne che lavoravano come giornaliste, anche per testate molto importanti.
Avevo letto di alcune di loro ed ero rimasta affascinata dalla loro vita, così emozionante
e intensa, diversa da quella della maggior parte delle altre donne che
rimanevano a casa a occuparsi della famiglia. Non mi sono lasciata scappare
quindi l’occasione di fare della redazione di un quotidiano lo scenario del mio
romanzo, un luogo ideale dove far muovere i primi passi verso la libertà alla
mia eroina e anche dove farla innamorare. Non so dirti cosa ci sia di me nelle
mie protagoniste, a parte il fatto che Camille e io condividiamo l’amore per la
scrittura e per il giornalismo; so solo che di solito quando termino un romanzo
le invidio moltissimo.
F.B. Una
domanda a bruciapelo. Cos’è per te la scrittura?
Da cosa prendi ispirazione?
V.G. La scrittura per me è un modo per sentirmi
bene, per essere appagata, per guarire dalle piccole preoccupazioni della vita.
È stata anche una terapia vera e propria, a un certo punto della mia esistenza.
Non saprei dire da cosa prendo ispirazione; probabilmente dal mio background,
dalle cose che ho visto, fatto, letto e ascoltato. Dal cinema e dai libri.
Dalle persone che ho conosciuto e dai posti che ho visitato. A un certo punto
tutto questo calderone che mi ribolle dentro forma delle bolle e da quelle
bolle escono delle storie e dei personaggi. Ok, ora penserai che io sia da
neurodeliri, ma è così.
F.B. Ho
amato molto i personaggi che hanno affollato il romanzo “Un Amore di fine
secolo” soprattutto Frank Raleigh, deciso e prepotente, quale dei tuoi
personaggi ami di più?
V.G. Sono
due i personaggi che preferisco, ed entrambi sono due uomini. Non so per quale
motivo, ma credo che in genere i personaggi maschili mi vengano meglio di
quelli femminili, tanto che a volte me
ne innamoro. A volte? Sempre me ne innamoro, se no come potrebbero le mie
protagoniste innamorarsene? Ma, per tornare alla domanda, ecco chi sono i miei
due personaggi preferiti: Mitch Sanderson, il mio cowboy dagli occhi verdi,
protagonista di “Tutta colpa del vento” – un contemporaneo ambientato nel
Wyoming – e Ken Benton, l’altro di
“Un amore di fine secolo” e protagonista de “La Traversata” e del romanzo che a
questo seguirà e che uscirà dopo l’estate. Mitch l’ho adorato perché è un eroe
vero che rifiuta il ruolo di eroe, un uomo pacato e riflessivo che ha rischiato
la vita per il suo paese e che è capace di rischiarla con altrettanto coraggio
per salvare un puledrino minacciato da un branco di lupi; Ken lo amo (uso il
presente visto che sto ancora scrivendo di lui) perché è un uomo che potrebbe
trascorrere la vita nell’ozio e nel lusso, ma che invece sceglie di darsi da
fare perché il nuovo secolo sia migliore di quello passato; uno che potrebbe
sembrare un agnello, all’inizio, ma che si trasforma in un leone. Un eroe anche
lui, a suo modo.
F.B. Ci sono scrittori che scrivono di notte, altri che si dedicano alla
scrittura nei momenti più impensabili. Tu che tempi hai? Quanto tempo dedichi
alla scrittura?
V.G. Dipende. Non ho mai delle dead line rigide, per cui
mi prendo i miei tempi; in generale, non riesco mai a dedicare più di tre,
quattro ore piene alla scrittura. In ogni caso, che piova o tiri vento, scrivo
tutti i giorni, magari dieci righe, ma scrivo. Non ho preferenze sul quando, mi
basta che ci sia silenzio in casa e di essere libera da altri impegni, in modo
da potermi immergere nella narrazione completamente.
F.B. So che hai scritto anche altri romanzi, pur non avendoli letti,
parlaci in poche parole di loro.
V.G. Con molto piacere. Il mio primo romanzo è
stato un chick lit, “Bang Bang Tutta colpa di un gatto rosso”. Una storia
ambientata a Milano con personaggi che ogni tanto ricompaiono anche nei miei
altri contemporanei. A questo è seguito “Un cuore nella bufera”, una novella di
Natale che si svolge tra le nevi dell’Alaska. Il terzo romanzo è stato “Alta
Marea a Cape Love”, che ci porta sulla costa del Maine, in estate, e infine “Tutta
colpa del vento” di cui parlavo prima. Come puoi vedere, le ambientazioni dei
miei contemporanei sono quasi sempre nord-americane, ma ci tengo a dire che le
eroine sono tutte italiane. Ultimi usciti, i due storici, “Un amore di fine
secolo” e “La traversata”. Ho pubblicato anche diversi racconti in
varie antologie, sempre con la mia casa editrice, Emma Books.
F.B. Cosa ci riserverai in futuro? Ti stai dedicando ad altri scritti?
A
breve avremo tue notizie?
V.G. Spero proprio di sì! Sto lavorando a un
contemporaneo, di cui non ho ancora il titolo, che dovrebbe uscire verso la
metà di aprile, e dopo questo sarà la volta di Ken Benton, che ritornerà a
grande richiesta dopo l’estate. Lo rincontreremo nella Londra Vittoriana, un
po’ cupa e misteriosa, del 1900.
F.B. Grazie di essere stata con noi e in bocca al lupo!
V.G. Grazie di questa bellissima intervista Rosa, del tè e dell’amicizia che mi avete offerto. In quanto al lupo… crepi! (poverino)