Recensione ~ Fattore K di Paola Laforgia

Fattore K è un saggio che racconta lo sviluppo e i motivi che stanno alla base dell'estrema poplarità raggiunta dalla cultura e dall'industria pop sudcoreana negli ultimi anni. K-pop, K-drama e non solo hanno ormai conquistato il mondo, diventando in breve tempo talmente popolari da conquistarsi successi su successi e fette di pubblico sempre più grandi. Da cosa sono partiti? Quanto il governo e la politica economica della Corea del Sud hanno contribuito a questo sviluppo? E sopratutto, quanto pregiudizio, quanti preconcetti ancora ci sono sulla cultura pop coreana? 

Partiamo proprio da questo, perchè penso che sia uno degli argomenti più interessanti e attuali al momento. Ci troviamo in un momento storico in cui, almeno rispetto a qualche anno fa, i prodotti culturali sudcoreani, quindi musica, drama, film e libri, sono diventati popolarissimi. I drama coreani scalano le classifiche di mezzo mondo, il K-pop è uscito dai suoi confini e sta conquistando l'America e l'Europa, i film coreani vincono tanti premi anche fuori dalla Corea o comunque al di fuori del mercato cinematografico asiatico, i libri coreani hanno iniziato il loro cammino verso la popolarità. Han Kang ha da poco vinto il premio Nobel per la letteratura. Ad oggi, come argomenta perfettamente Paola, è difficile non aver visto o sentito qualcosa di coreano, se non lo avete fatto, magari non ve ne rendete conto, ma è una scelta consapevole. 

Forse sono un po' di parte, amo la Corea del Sud, amo la cultura sudcoreana, sono appassionata di K-pop e K-drama, leggo regolarmente autori sudcoreani, insomma è un mondo che, nonostante sia lontanissimo da me, sento particolarmente affine.  Ma questo saggio è davvero ben scritto e interessantissimo; ci sono tanti spunti di riflessione, si scende nei dettagli parlando dell'ascesa del K-pop e dei K-drama e di quanto il governo nel corso del tempo abbia puntato sulla cultura per la crescita economica del paese. Stiamo parlando di una crescita incredibile avvenuta in pochi anni, un miracolo se pensiamo da dove sono partiti e dove sono arrivati. 

Forse la parte che ho preferito è proprio quella dedicata al modo in cui l'Occidente si approccia alla cultura pop coreana e in particolare al suo successo. Probabilmente perchè mi sento tirata in causa, le domande sulla mia passione per la cultura coreana in generale si sprecano e si tratta spesso di prese in giro. Perchè ascolti quei cinesi? Ma i drama sono tutti uguali, che li guardi a fare? O ancora, quando mi è capitato di parlare a qualcuno del viaggio che avrei fatto in Corea, mi sono spesso sentita chiedere e cosa ci vai a fare? Questo dovermi costantemente quasi giustificare per questa passione mi ha portata, come dice anche Paola, a non parlarne. Il pregiudizio, i tantissimi preconcetti che ancora sono ben radicati sulla cultura coreana, sono figli di una visione limitata che ancora guardano a questo paese e alla cultura che esporta come qualcosa di finto, una cultura di plastica che non contiene nulla. Ma non è così e potremmo fare tremila esempi per mostrarlo, ma credo che le parole di Paola Laforgia siano più che sufficienti.

La mia intenzione non è quella di convincere tutti che la cultura pop coreana sia la migliore al mondo o far sì che tutti ascoltino K-pop e guardino K-drama; desidero però che si parli di quei prodotti culturali con cognizione di causa e che sia riconosciuta la loro leggittimità. Nell'immaginario occidentale domina il "lato oscuro" della Corea del Sud, vi è l'idea diffusa che dietro la facciata scintillante ci sia una realtà marcia. La condiscendenza e il senso di superiorità con cui si guarda ai coreani deriva dalla presunzione di pensarci più liberi, più felici, più indipendenti. Ma è una visione parziale e spesso esagerata della realtà. La Corea del Sud è anche uno dei paesi più sicuri al mondo, dove una donna può tornare a casa da sola a piedi alla tre del mattino senza paura, e dove la piccola criminalità e i furti sono rarissimi, tanto che è la norma occupare il proprio posto in un bar lasciando il cellulare o il portafogli sul tavolo... É il paese con una delle forze lavoro più istruite al mondo...É un paese con una storia complicata e affascinante. Un paese che un secolo fa non esisteva. Un paese che in circa cinquant'anni è passato da essere uno dei più poveri al mondo a uno dei più ricchi e tecnologicamente avanzati. Un paese che fino a poco tempo fa moltissimi non sapevano neanche indicare su un mappamondo, e che oggi è invece sulla bocca di tutti.

O ancora.

Quello che mi preme ancora una volta far notare è, da un lato, come siano comuni i doppi standard quando si parla di Occidente e di Corea del Sud e, dall'altro, che tutto ciò venga tirato in ballo ogni volta che si parla di hallyu sostanzialmente per demolirla, perchè l'Occidente non riesce ad accettare di poter essere conquistato, troppo abituato com'è a essere il conquistatore.

Più che una recensione questo è un flusso di pensieri, probabilmente poco logico, ma questo saggio mi ha fatto riflettere tanto. Ho sottolineato mezzo libro e mi trovo d'accordo su tutto. Probabilmente è stata una lettura ancora più incisiva perchè neanche un mese fa sono stata in Corea e ho potuto vivere sulla mia pelle parte di quel mondo che finora avevo amato solo a distanza. Me ne sono innamorata ancora di più, da quando sono tornata sento una profonda nostalgia per Seoul, in nessun posto mi sono sentita tanto a casa, tanto al sicuro, quanto in Corea. Tutto il successo e la popolarità che la cultura coreana sta ottenendo è frutto del loro impegno, e spero che presto i pregudizi lascino il posto alla curiosità per questo paese magnifico, non perfetto, perchè nessun paese è perfetto, ma straordinario nel suo approccio alla vita. Buona lettura!

“Oggi, non incappare in qualcosa di coreano, indipendentemente da dove ci si trovi nel mondo, è quasi più una scelta che un caso. Trascurare l'impatto che i prodotti culturali coreani negli ultimi anni hanno avuto e stanno avendo globalmente, significa ignorare un fatto importante della storia del nostro tempo. Significa perpretare una visione occidentalocentrica e limitata del mondo che non corrisponde a quello che il mondo è davvero.”

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