Recensione: Accabadora

Buona Domenica..come va?!
E' entrata nel nostro BLOG una nuova amica che mi aiuta nelle "Recensioni" 
e mette i libri che gli son piaciuti di più con la sua OPINIONE. Le do il BENVENUTO!!
E introduco la sua ultima Recensione fresca di "PENSIERO".

Accabadora
Murgia Michela
Casa editrice: Einaudi Uscita: 2009
Pagine: 164 Costo: 18.00€

Trama:  
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.  

La mia Opinione:
Lavoro da tempo in una libreria ed ho messo più volte “ben in evidenza” il libro della Murgia ma ne ho venduto solo poche copie; essendo questo libro vincitore del premio Campiello, la cosa mi ha destato un po’ di sconforto. Personalmente quando decido di leggere un libro mi affido molto alla copertina, mi lascio trascinare dalla prima sensazione che mi suscita quell’immagine e come me, probabilmente, capita a molte altre persone. La scelta della Murgia, effettivamente, è ricaduta su di un’immagine macabra, tetra, che spesso troviamo solo tra gli scaffali che ospitano i thriller, i gialli, e non certamente tra le copertine affascinanti dei romanzi, magari quelli d’amore; nonostante ciò ho deciso di leggere il libro e come tutti i premi Campiello, neppure questo mi ha delusa, copertina a parte. La protagonista è un anziana donna che, rimasta sola dopo la scomparsa del promesso sposo, probabilmente morto in guerra nel Continente, decide di prendere come “fill’e anima” una ragazzina di sei anni, Maria, quarta figlia femmina di una povera donna rimasta vedova. Nel piccolo paesino  di Soreni nessuno riesce a capire il perché la piccola sia andata a vivere con la vecchia sarta, tant’è vero che quando le due escono insieme per le strade del paese, danno adito ad una vera e propria scia di pettegolezzi. Tzia Bonaria suscita sempre un po’ di spavento negli occhi di chi la vede e la sua figura resta sempre avvolta da un alone di mistero; alone che avvolge anche la sua adorata Maria, già insospettita dalle sue strane uscite notturne. La nostra scrittrice sarda accomuna, così, nel romanzo, due temi molto complessi: l’eutanasia e l’adozione, due temi che riesce ad armonizzare alla perfezione. Quando la “fill’e anima” scoprirà il segreto di Bonaria, fuggirà dalla Sardegna e ci catapulterà in un altro mondo, quasi un altro romanzo oserei dire; queste nuove vicende sembrano non avere nessun legame con la storia precedente e, apparentemente, ci danno l’impressione di essere solo una lunga divagazione. In realtà, però, penso che Maria decida di “tagliare” volontariamente con tutti i suoi affetti; vuole allontanarsi dall’unica persona che l’ha veramente amata e desiderata senza pretendere nulla in cambio, ma anche dall’unica persona dalla quale si è sentita veramente tradita e, di conseguenza, abbandonata, di nuovo, per la seconda volta nella sua vita. Dire che questo romanzo parla dell’eutanasia è assolutamente riduttivo; l’accabadora è colei che accelera la fine di coloro che non hanno più speranza, colei che allevia le loro pene, sempre con il consenso dei familiari. Come dice Tzia Bonaria: “NON DIRE MAI: DI QUEST’ACQUA IO NON NE BEVO”; questo è ciò che comprenderà Maria al suo ritorno da Torino e quello che dovremmo comprendere tutti noi prima di giudicare, ANCHE SOLO DALLA COPERTINA!!!!!!! 


VOTO:
POSITIVO 
7,5



F.V.

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