L'altalena del respiro di Herta Müller

Buona giornata cari Lettori! Oggi voglio parlarvi di una delle mie ultime letture, un breve ma doloroso viaggio nei Lager russi di metà novecento.

L'altalena del respiro nasce come romanzo scritto a 4 mani da Herta Müller e dal poeta Oskar Pastior, deceduto però prima del completamento del romanzo. L'autrice ha terminato l'opera, restituendoci un particolare ma intenso affresco della vita di un giovane uomo in un Lager russo. Protagonista del racconto è Leopold Auberg, diciassettenne rumeno di origine sassone. Quando i russi occupano la Romania, Leopold, insieme a molti altri, viene inserito nella lista degli "indesiderabili" e deportato in un campo di lavoro russo. Per cinque lunghi anni vivrà nel campo cercando di sopravvivere senza perdere sè stesso.

Quella raccontata in questo romanzo è una parte di storia poco conosciuta. Nel 1945 quando i russi occuparono la Romania alleata dei nazisti, finirono per perseguitare la minoranza sassone che viveva in Transilvania. Circa 30.000 rumeni di origini sassone, per gran parte innocenti e del tutto estranei all'ideologia nazista, vennero deportati nei temibili lager di Ucraina e Russia. Leopold, e tutti gli altri, lottano contro il freddo, la fame, la morte che li circonda, e lavorano, lavorano, lavorano. Tornato a casa dopo sette anni Leopold non è ovviamente la stessa persona, non riesce e non riuscirà mai a dimenticare. Il Lager sarà sempre con lui, in ogni ricordo, in ogni luogo, nei rumori e negli odori.

Con uno stile scarno, freddo e quasi impersonale, Herta Müller racconta una storia di disperazione, dolore e morte. Leopold tenta di sopravvivere, si estrania quasi dalla vita nel Lager, come se la vedesse dall'alto e non fosse lui stesso protagonista di soprusi e violenze. Il racconto si concentra spesso su oggetti, utilizzati come metafore della vita nel campo, e su immagini che ricordano quasi una realtà onirica più che una materiale. 

Un racconto quasi corale, in cui ci sono tanti protagonisti, umani e non. Su tutti l'Angelo della Fame che regna nel lager dettandone leggi e regole. Ci sono pagine che pesano come massi in questo romanzo, pagine che mettono in evidenza l'indifferenza del mondo esterno contrapposta al dolore di chi nel Lager era costretto a vivere. Leopold dice "eravamo ciechi di fame e malati di nostalgia, fuoriusciti dal tempo e da noi stessi, e avevamo chiuso con il mondo. Ovvero il mondo aveva chiuso con noi." Duro e difficile da leggere, il racconto è stato scritto grazie ai ricordi dei sopravvissuti, incluso lo stesso Pastior, ed è quindi una preziosa testimonianza. Spigoloso e poetico allo stesso tempo, costantemente sospeso tra una realtà fin troppo terribile e dei sogni che tentano di addolcirla. Buona lettura.

Sui miei tesori c'è scritto: DI LÀ NON VENGO VIA. Sempre più il Lager si estende dal lobo temporale sinistro a quello destro. Impossibile proteggersi, nè con il silenzio nè con il racconto.


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