[Recensione] L'anno del pensiero magico di Joan Didion

Buona giornata cari Lettori! Forse sto finalmente superando questo periodo di blocco del lettore, in parte grazie alla rilettura degli ultimi giorni. Uno dei miei saggi preferiti che avevo già letto qualche anno fa, ma di cui non vi avevo mai parlato.

L'anno del pensiero magico è probabilmente l'opera più conosciuta di Joan Didion, scrittrice e giornalista americana contemporanea tra le più affermate e apprezzate che purtroppo ci ha lasciato lo scorso Dicembre. Avevo già letto questo saggio qualche anno fa; in seguito ad una perdita improvvisa, esattamente come l'autrice, mi sono messa a leggere tutto quello che mi capitava sottomano che riguardasse morte, lutto e perdita. L'anno del pensiero magico è stato però probabilmente il libro che più degli altri mi è rimasto impresso, principalmente perchè Joan Didion parla al lettore con un'onestà che io ho apprezzato particolarmente.

Dicembre 2003. John Dunne muore improvvisamente a casa durante la cena, stroncato da un infarto. Per Joan Didion quello è l'evento che scatena l'anno del pensiero magico del titolo, l'inizio di una convivenza con qualcosa che tutti temiamo e non vorremmo mai affrontare: la perdita di qualcuno che amiamo. Pezzo per pezzo, Joan Didion analizza la perdita, il periodo di lutto che segue, fa i conti con i ricordi, con la memoria che le gioca brutti scherzi, con un dolore che non sa descrivere, con la consapevolezza che nulla tornerà mai come prima, che John, per quanto lo desideri, non tornerà da lei.

Chi ci è passato conosce a menadito queste sensazioni, ma leggerle nero su bianco, almeno per me, è stato terapeutico. Capire di non essere gli unici, di non essere anormali di fronte ad una perdita, aiuta. Con L'anno del pensiero magico Joan Didion è riuscita a raccontare e a raccontarsi; questo saggio è estremamente biografico e personale, è molto doloroso perchè nulla viene tralasciato. Tutte le fasi del lutto vengono quasi dissezionate, insieme alla valanga di emozioni che arrivano dopo. In particolare si parla di dolore, di quanto sia un dolore diverso da qualsiasi altro, di quanto arrivi inaspettatamente e di come sia un dolore per cui non c'è cura. Uno dei miei passaggi preferiti è infatti proprio questo:

"Il dolore risulta essere un posto che nessuno conosce finchè non ci arriva...Nella versione del dolore che immaginiamo, il modello sarà la guarigione. Non abbiamo modo di sapere che il problema non sarà questo. Nè possiamo conoscere prima del fatto (ed è questo il cuore della differenza tra il dolore come lo immaginiamo e il dolore com'è) l'interminabile assenza successiva, il vuoto, l'esatto contrario del significato, l'inesorabile successione dei momenti in cui ci troveremo ad affrontare l'esperienza della mancanza stessa di significato."

Non si parla solo ed esclusivamente di lutto, Joan Didion ripercorre con precisione chirurgica eventi della sua vita con John, restituendoci anche il ritratto commovente di una storia d'amore lunga una vita intera. Joan e John hanno passato 40 anni insieme, vivevano insieme, lavoravano insieme, leggevano quello che l'atro scriveva. Poi lui muore, all'improvviso senza dare segnali, e Joan reagisce con forza, la definiscono un osso duro, non sapendo che mesi dopo lei ancora si rifiuterà di mettere da parte i vestiti e le scarpe di John, perchè se tornasse potrebbero servirgli. Con una scrittura lineare, asciutta e razionale, l'autrice si mette a nudo nei suoi momenti più delicati. La lucidità con cui ne parla potrebbe sembrare quasi spiazzante a tratti, ma questo è il suo modo di elaborare la perdita e solo il suo. 

La verità è che reagiamo tutti in modo diverso, non c'è una reazione migliore di un'altra, non c'è nessuna guida che ti insegni cosa fare quando una persona che ami ti lascia all'improvviso, soprattutto, e questo lo ha descritto benissimo, spesso non c'è sollievo a questo tipo di dolore. Impari a conviverci semplicemente, ma dalla perdita non si guarisce. Non c'è molto altro da aggiungere, Joan Didion ha saputo scrivere di lutto e dolore come nessun altro, e lo ha fatto senza scadere nell'eccessivo. L'anno del pensiero magico ci ricorda quanto sia terribile la perdita, ma allo stesso tempo razionalmente ci ricorda anche che l'unica via da percorrere è andare avanti, non importa quanto doloroso sia. 

“Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli di quella mortalità anche quando la respingiamo, traditi proprio dalla nostra complessità, e così schizzati che quando piangiamo chi abbiamo perduto piangiamo anche, nel bene e nel male, noi stessi. Come eravamo. Come non siamo più. Come un giorno non saremo affatto.


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