[Recensione] La guardia, il poeta e l'investigatore di Jung-myung Lee

La guardia, il poeta e l'investigatore è ambientato nella prigione di Fukuoka nel 1944, durante la Seconda Guerra mondiale. La Corea all'epoca era sotto l'occupazione giapponese e un intero blocco della prigione era riservato proprio ai prigionieri coreani, ai dissidenti colpevoli di aver lottato per l'indipendenza del loro paese. Ai prigionieri coreani era riservato un trattamento particolarmente crudele, non potevano parlare la loro lingua madre, le lettere che scrivevano alle famiglie erano oggetto di pesante censura, subivano continui maltrattamenti, era difficile per un prigioniero coreano sperare di sopravvivere a Fukuoka e tornare a casa. 

Quando la prigione diventa palcoscenico dell'omicidio di una delle guardie più temute, un suo collega viene incaricato di scoprire chi sia il colpevole dell’omicidio. Durante le sue indagini la giovane guardia giapponese, oltre a scoprire la verità sulla guardia uccisa, verrà in contatto sempre più spesso con uno dei prigionieri coreani, un giovane poeta incarcerato a causa delle sue poesie che non ha però perso la speranza di tornare a casa, di tornare a scrivere, di vedere i frutti del suo lavoro finalmente riconosciuti.

Ho iniziato a leggere questo libro senza sapere praticamente nulla della storia. Dopo le prime pagine e la comparsa delle prime poesie, ho iniziato a sentire una certa familiarità con quei versi e finalmente ho realizzato. Il libro racconta la storia, chiaramente romanzata, del poeta Yun Dong-ju, uno dei più amati poeti coreani. Ho letto un po' di tempo fa la sua raccolta di poesie, l'unica che è sopravvissuta e che è arrivata a noi. In questo romanzo sono riportate diverse poesie di Cielo, Vento, Stelle e Poesia, ed è sempre la poesia uno dei fili conduttori del racconto.

Io non so bene da dove iniziare per parlarvi di questo libro, le sensazioni che mi ha lasciato sono talmente tante e tanto profonde che non credo sarò capace di tradurle in parole. Volendo riassumerlo in breve, credo che questo libro sia un inno alla bellezza della poesia, della letteratura, dell'arte. Una bellezza che però non è fine a sé stessa, ma diventa la chiave per sopravvivere, l'unica luce nell’oscurità, la speranza di tornare a vivere in un mondo che non sia fatto di 4 mura, di violenza e disperazione. 

Sono proprio i libri, la poesia in particolare, a tenere in vita il poeta del racconto, a spingerlo a lottare e a non disperare. Sempre i libri diventano una guida per l'investigatore, nella vita e nella prigione, e ancora loro faranno rinascere nel cuore arido della guardia una nuova sensibilità. Yun Dong-ju dice: "Se non riusciamo a trovarle, credo che dovremmo essere noi a dare vita a speranza, sogni, poesia. La poesia che entrambi amiamo non si trova solo nei libri, ma ovunque, anche nella cella di una prigione. Basta guardarsi intorno."

Attraverso continui flashback che raccontano le storie parallele della guardia, del poeta e dell'investigatore, l’autore riesce a dare vita ad un mosaico di racconti che si intrecciano tra loro creando una storia corale di grande bellezza. Gli autori coreani, almeno quelli che ho letto finora, sono in grado di raccontare la crudeltà più inenarrabile, la violenza più brutale, con una delicatezza e un'eleganza che non credo si trovino altrove. Io ho letteralmente divorato questo romanzo, completamente catturata dalla prosa così poetica e quasi impalpabile, e da personaggi che non riuscirò a dimenticare.

La storia di Yun Dong-ju è reale, è vero che il racconto è romanzato e che non tutti gli eventi riportati sono avvenuti, ma le violenze, i maltrattamenti, la vita nella prigione, le sue poesie, tutto è reale ed è forse questo a far male di più. Ma non si tratta di un libro cupo, è un libro in cui c'è tanta bellezza, tanta speranza. La prosa in questo romanzo si trasforma letteralmente in poesia e ci ricorda quanto potere hanno le parole, quanta forza si può nascondere in un verso. Tra le pareti della prigione la poesia e la letteratura diventano atti sovversivi e consolatori allo stesso tempo.

Molto bello anche il modo in cui l'autore si sofferma sull'identità di ognuno dei suoi personaggi, su quanto quell'identità sia molto più articolata della mera apparenza e non può, soprattutto non deve, essere racchiusa in un solo ruolo. Complesso, bello e terribile allo stesso tempo, è una lettura indimenticabile che, a dispetto di tutto il dolore che contiene, riscalda il cuore. Buona lettura!

Una notte conto le stelle

Il cielo, in cui passano le stagioni,
è pieno d’autunno.
Senza pensieri

Penso di poter contare tutte le stelle nel cielo d’autunno

Le ragioni per cui non posso contare le stelle sono incise una ad una nel mio cuore: perché il mattino è vicino, perché domani calerà di nuovo la notte, perché sono ancora giovane.

Una stella per un ricordo
Una stella per un amore
Una stella per la solitudine
Una stella per un desiderio
Una stella per una madre, madre

Madre, per ogni stella ho detto una bella parola. I nomi dei bambini con cui ho condiviso il banco alle elementari, nomi stranieri di ragazze, Pei, Jing, Yu e tante altre che adesso sono madri, i nomi dei poveri vicini, colombe, cuccioli, conigli, scimmie, cervi, nomi di poeti come Francis Jammes e Rainer Maria Rilke.

Sono così lontani
Come le stelle nell’aldilà

E tu, madre,
sei lontana in Manciuria.

Sulla cima della collina sotto la luce delle stelle cadenti,
desidero qualcosa
incido il mio nome e lo ricopro di terra.

Che l’insetto che grida tutta la notte
Lo faccia a causa delle pene legate al suo nome imbarazzante?

Trascorso l’autunno è arrivata la primavera sulla mia stella.
Sulla collina su cui è sepolto il mio nome
L’erba crescerà orgogliosa e rigogliosa
Come la vegetazione che cresce sulle tombe.

“La primavera arriva solo dopo le tormente di neve e il freddo implacabile. E così come l'arcobaleno compare solo dopo l'acquazzone, le cose belle arrivano dopo le avversità. Senza sofferenza la bellezza non esisterebbe.


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