Sovietistan di Erika Fatland
Sovietistan è un saggio di Erika Fatland, antropologa e scrittrice di origini norvegesi, che parla del suo viaggio nei cinque paesi soprannominati "gli Stan". Turkmenistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan: cinque paesi di origini piuttosto recenti che dopo 70 anni di regime sovietico, al crollo dell'Unione Sovietica, ottengono finalmente l'indipendenza. Erika parte nel 2013 e per cinque mesi, non continui, viaggia nei cinque paesi da sola ricavando il reportage contenuto in questo volume.
Erika Fatland è un'antropologa e credo che sia il tono del racconto che i particolari su cui si sofferma vadano proprio a sottolineare questo aspetto. Il suo viaggio è lungo e intenso, viaggia in questi paesi da sola, spesso accompagnata da guide e autisti scelti per lei dalle agenzie organizzatrici del viaggio. In alcuni di questi paesi infatti, anche se oggi la situazione sta pian piano migliorando, per ottenere un visto e poter viaggiare bisognava necessariamente rivolgersi ad un'agenzia del posto.
I racconti dei viaggi dell'autrice sono molto belli, ma sopratutto sono interessanti; questo perchè vanno a fare luce su una parte di mondo che ci è quasi del tutto sconosciuta. Sono passati solo pochi anni da quando questi paesi hanno iniziato ad aprirsi all'Occidente e al turismo, quindi tutto quello che Erika racconta è nuovo, è sconosciuto e proprio per questo ancora più affascinante.
Il racconto è narrato in prima persona, il libro si divide in cinque parte che scandiscono le avventure di Erika in ognuno dei cinque paesi. Si parte dal Turkmenistan e dalla sua dittatura, in cui il Presidente veniva adorato esattamente come un Dio e dove Youtube e tanti altri siti erano oscurati; passiamo poi al Kazakistan, più libero, un territorio dalla superficie immensa dove si trova quel che resta del Lago d'Aral, protagonista di una delle catastrofi ambientali peggiori della storia.
La tappa successiva è il Tagikistan, dove numerose guerre civili hanno lasciato la popolazione impaurita e devastata, e dove si trovano le meravigliose vette del Pamir; ci spostiamo poi in Kirghizistan, dove si respira una maggiore libertà ma dove resistono ancora tradizioni come l' Ala kachuu, il ratto della sposa. Infine il viaggio termina in Uzbekistan, patria di sete e cotone e di città che hanno fatto la storia come Samarcanda.
Personalmente sono sempre stata affascinata dalla storia di questi paesi, qualche tempo fa vi ho parlato anche di un podcast in cui si parla proprio di Nuovo Est, Cemento. Incuriosita dalle storie che avevo ascoltato ho deciso di leggere anche questo libro. Erika Flatland ha uno stile molto semplice, scorrevole ma allo stesso tempo riesce a far immaginare al lettore luoghi, visi e paesaggi con una facilità disarmante. Oltre alla bellezza che descrive, alla natura, credo che quello che resta maggiormente impresso siano le persone, la gente che Erika incontra, con cui parla e si confronta. Non dimenticherò facilmente i racconti degli yaghnobi, nè le storie dei matrimoni o le testimonianze di chi ha vissuto prima sotto il regime sovietico e poi si è ritrovato improvvisamente in un nuovo paese dai confini incerti.
E' anche di questo che si parla, di confini e di nazioni che continuano ad avere un'identità confusa, di popoli sballottati da un luogo all'altro per capriccio, di tradizioni che nonostante tutto non muoiono e di persone gentili, ospitali e coraggiose. Un bellissimo diario di viaggio che vi permetterà di conoscere meglio una parte di mondo che ci è poco familiare. Buona lettura!