Locusta, l'avvelenatrice ufficiale di Nerone
Era molto richiesta soprattutto dalle classi ricche per sbarazzarsi di rivali politici, parenti e amanti. Il suo lavoro era così perfetto che i decessi sembravano causati da morte naturale.
Torniamo indietro di diversi secoli e arriviamo nella Roma di Nerone, per parlarvi di una famosa avvelenatrice.
Lucusta o Locusta nacque in un luogo non meglio identificato della Gallia. Da qui, divenuta schiava di Roma, arrivò nella città dove costruì la sua fortuna. Ricoperta di onori dall'imperatore Nerone, che usufruì dei suoi servigi, viene documentata come il primo assassino seriale della storia.
Pare che Locusta avesse appreso dalla vita di campagna in Gallia la conoscenza delle proprietà delle piante, tanto da imparare a confezionare filtri mortali. Di lei si diceva che, come ogni avvelenatore che si rispetti, ingerisse quotidianamente dosi di veleno progressive per stimolare il corpo all'immunità. I suoi veleni erano prevalentemente a base di arsenico, ma era solita usare anche funghi velenosi, cicuta, giusquiamo e altre erbe.
A Roma, come detto, fece la sua fortuna. Si dice infatti che ai suoi servigi ricorsero Messalina, per sbarazzarsi dell'amante Tito; e Agrippina, ultima moglie dell'imperatore Claudio, per eliminare il vecchio marito.
Claudio fu avvelenato con un piatto di funghi, una morte questa, voluta per favorire l'ascesa al trono del figlio Nerone.
Nel 55 D.C. Locusta fu condannata a morte per l'omicidio di Claudio, ma Nerone, venutone a conoscenza, la salvò dall'esecuzione ordinandole in cambio di avvelenare Britannico, figlio di Claudio e legittimo erede al trono.
A raccontarci come andò è Svetonio. Secondo quanto da lui detto il primo tentativo di avvelenamento fallì, circostanza che mandò su tutte le furie Nerone. Quest'ultimo schiaffeggiò Locusta, la quale si giustificò spiegando che la dose leggera somministrata al ragazzo era dovuta all'intenzione di fare sembrare la morte un decesso naturale. Nerone invece voleva che il veleno agisse in temi rapidi e allora Locusta preparò una polvere che sperimentò prima su una capra e poi su un maiale, fino a ottenere un veleno rapido e letale che soddisfò le attese dell'imperatore. Al quattordicenne Britannico venne servita una coppa di vino, successivamente "contaminata" perchè allungata con acqua versata da una brocca avvelenata, dopo essere stata sorseggiata dall'assaggiatore. Il ragazzo morì e venne sepolto la notte stessa del decesso, in tutta fretta.
Da quel momento in poi la carriera di Locusta proseguì in un'ascesa luminosa. Nerone la coprì di onori, le donò possedimenti terrieri e le permise di aprire una scuola per insegnare i segreti delle piante.
Tacito racconta che Nerone le fu così affezionato che mise delle persone vicino alla sua casa per sorvegliarla affinchè non le succcedesse niente.
La fortuna di Locusta terminò con la morte del suo protettore Nerone nel 68 D.C.
Quando scoppiò l'ultima rivolta contro di lui, la donna fornì all'imperatore del veleno, probabilmente perchè lo usasse per suicidarsi. Successivamente, qualche mese dopo il suicidio di Nerone, Locusta fu condannata a morte dall'imperatore Galba, che l'accusò di 400 omicidi. Fu condotta in catene per tutta Roma e giustiziata durante le Agonalia dedicate a Giano.
Non si sa di preciso con quale metodo venne giusitiziata. Leggenda vuole che sia stata violentata a morte da una giraffa e poi fatta a pezzi da vari animali feroci, ma si ritiene altamente improbabile. Un'altra ipotesi vuole che sia stata strangolata e il suo cadavere dato successivamente alle fiamme.
Le vicende legate alla sua figura storica sono per lo più postume, quindi assai probabilmente contaminate da elementi leggendari.