Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio
"Finì nel pentolone, come le altre due […]; ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose." (Leonarda Cianciulli, Confessioni di un'anima amareggiata)
Nata a Montella (Avellino) ciò che sappiamo di lei viene dal suo memoriale "Confessioni di un'anima amareggiata", sulla cui autenticità sono stati però avanzati diversi dubbi (è da lì che proviene il racconto, tra l'altro, di un'infanzia difficile).
Sposò Raffaele Pansardi, un impiegato dell’ufficio del registro con il quale andò a vivere ad Ariano Irpino (Av). Dopo il terremoto del 1930, che distrusse la loro casa, si trasferirono a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Qui, grazie ai soldi del risarcimento statale concesso ai terremotati e al commercio degli abiti usati portato avanti da Leonarda, le sorti economiche della famiglia si risollevarono. La Cianciulli ebbe diciassette gravidanze, ma sopravvissero solo quattro figli.
Nel 1939, il figlio maggiore Giuseppe, da lei prediletto, studente in lettere all’Università di Milano, che lavorava come istitutore al Collegio Nazionale di Correggio, fu chiamato a prestare il servizio militare. Era quello il periodo in cui la minaccia dell’entrata dell’Italia in guerra era sempre più incombente. Bernardo e Biagio, invece, frequentavano il ginnasio, e Norma, l’ultima figlia, andava all’asilo.
Pensieri sempre più tormentati si fecero strada nella mente della Cianciulli, al punto che decise che per salvare la vita dei suoi figli avrebbe dovuto fare dei sacrifici umani. Pare che anni prima si fosse fatta leggere la mano da una zingara e che questa le avesse predetto le molteplici gravidanze e le altrettante perdite, un'altra ancora le aveva letto nella mano il carcere e il manicomio.
Leonarda frequentava tre amiche, donne sole e non più giovani, che avrebbero volentieri fatto qualsiasi cosa per cambiare le loro vite.
Le tre donne divennero le sue vittime accertate: Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo. Tre donne facilmente manipolabili e alla disperata ricerca dell'occasione che avrebbe mutato la loro sorte. La Cianciulli le uccise con la scure e bollì i loro cadaveri ricavandone sapone e utilizzando il sangue delle vittime per preparare biscotti. Ma prima le convinse a consegnarle i loro beni con l'inganno. La prima, nonché la più anziana delle sue vittime, fu Faustina Setti, una donna di settant'anni, semianalfabeta, che Leonarda attirò con l'assicurazione di averle trovato un marito a Pola; la seconda vittima, un'insegnante d'asilo di nome Francesca Clementina Soavi, fu attirata da Leonarda con la promessa di un lavoro al collegio femminile di Piacenza; la terza vittima fu la cinquantanovenne Virginia Cacioppo, un'ex soprano di buon successo. Leonarda la ingannò con la falsa offerta di un impiego a Firenze come segretaria di un misterioso impresario teatrale e l'ipotesi di un possibile futuro ingaggio.
Per tutte osservò lo stesso copione facendosi lasciare i beni e pregandole di non confidare le novità a nessuno e di scrivere delle cartoline per avvisare i parenti. Le prime voci della scomparsa di tre donne cominciarono a diffondersi quando la cognata dell'ultima vittima cominciò a nutrire i primi sospetti.
Quest'ultima infatti, successivamente all’improvvisa sparizione di Virginia, che aveva visto entrare nella casa della Cianciulli prima di scomparire per sempre, decise di confidare i suoi sospetti al questore di Reggio Emilia. Il questore seguì le tracce di un Buono del Tesoro di Virginia che condusse le indagini fino a Leonarda, la quale confessò i suoi tre omicidi senza fare molta resistenza.
Il 12 giugno 1946 iniziò il processo a Leonarda Cianciulli accusata di triplice omicidio, rapina e distruzione di cadavere. E, nonostante per l'accusa il movente fosse stato quello del degrado e della povertà del tempo tra le due guerre e quindi i soldi che servivano per i figli, per farli mangiare, per farli studiare, la motivazione dell'omicidio data dalla Cianciulli fu un'altra. Sua madre l'aveva maledetta per aver sposato un uomo diverso da quello che lei desiderava. Una zingara le aveva predetto che tutti i suoi figli sarebbero morti. Tredici ne erano morti davvero, tra aborti spontanei e morti in culla. Gli ultimi rimasti, sarebbero potuti morire in guerra. Dunque lei, basandosi sulla Bibbia ma anche su Teti, che voleva rendere invulnerabile suo figlio Achille, uccise tre donne come sacrificio, per salvare i suoi tre figli maschi.
In realtà furono mosse accuse, di averla aiutata negli omicidi, anche a suo figlio Giuseppe, a difesa del quale, la Cianciulli si pronunciò con vigore. La donna fu riconosciuta come unica autrice dei tre omicidi e condannata a 30 anni di reclusione e a tre anni di manicomio giudiziario. In carcere scrisse, lavorò a uncinetto e cucinò biscotti.
Riceveva inoltre le visite regolari dei figli. Il 15 ottobre del 1970, morì nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, stroncata da apoplessia cerebrale.
Quest'ultima infatti, successivamente all’improvvisa sparizione di Virginia, che aveva visto entrare nella casa della Cianciulli prima di scomparire per sempre, decise di confidare i suoi sospetti al questore di Reggio Emilia. Il questore seguì le tracce di un Buono del Tesoro di Virginia che condusse le indagini fino a Leonarda, la quale confessò i suoi tre omicidi senza fare molta resistenza.
In realtà furono mosse accuse, di averla aiutata negli omicidi, anche a suo figlio Giuseppe, a difesa del quale, la Cianciulli si pronunciò con vigore. La donna fu riconosciuta come unica autrice dei tre omicidi e condannata a 30 anni di reclusione e a tre anni di manicomio giudiziario. In carcere scrisse, lavorò a uncinetto e cucinò biscotti.
Riceveva inoltre le visite regolari dei figli. Il 15 ottobre del 1970, morì nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, stroncata da apoplessia cerebrale.