L'epoca vittoriana e il rapporto con la morte

L'epoca vittoriana è ricordata, tra l'altro, per le diverse stranezze, macabre, che la caratterizzarono.  La più nota è senz'altro quella legata alle fotografie post portem, in realtà, intorno alla dimensione del trapasso e alla stessa elaborazione del lutto c'era tutta una rigida dinamica formale. 

Nell'organizzazione del funerale la notizia della morte del congiunto veniva notificata attraverso specifici biglietti inviati a parenti e amici più stretti ed equivalevano ad una sorta di invito. Bisognava quindi essere invitati al funerale.
Quattro anni era il periodo di lutto che le vedove dovevano rispettare, dopodiché, si poteva ritornare a un abbigliamento "normale" passando attraverso la fase che dal "lutto stretto" conduceva al "mezzo lutto" e durante il quale si potevano portare abiti di colore grigio, lavanda e lilla. La moda prevedeva tutta una serie di accessori e gioielli da abbinare. Il "lutto stretto" durava due anni, il primo anno vietava la partecipazione alla vita di società, regola valida anche per gli uomini,  insieme a precise regole in termini di moda: vestivano una redingote nera, con pantaloni e gilet abbinati, successivamente sostituita da un cappotto nero.
Parenti, amici e conoscenti e, nel caso, dipendenti, portavano il lutto in base al rapporto con il defunto.
Ma arriviamo al ritratto del caro estinto.
La foto post mortem si diffuse, tra i ceti più abbienti e gli artisti, successivamente al ritratto, in origine l'unico modo per consegnare ai posteri una propria immagine.
Luca Signorelli, Monet, Ensor, Picasso, Gauguin elaborarono il lutto facendo l'ultimo ritratto della moglie di un amico o di un bambino a loro caro.
Dopo l'avvento della fotografia la gente iniziò a farsi fotografare assieme ai defunti per avere un loro ricordo indelebile. Gli studi fotografici dell'epoca si organizzarono con le pose delle foto post mortem sia a casa del defunto, sia nel loro studio.
Le foto vedono protagonisti perlopiù i bambini, data l'elevata mortalità infantile del periodo, e non di rado le fotografie post mortem erano l'unica foto che i genitori avevano dei loro figli.
Non mancavano le superstizioni in tema di morte e lutto: portava sfortuna incontrare un corteo funebre, quindi si cercava di evitarlo cambiando strada; bisognava fermare l’orologio nella stanza dove si vegliava il defunto, altrimenti si sarebbe stati perseguitati dalla sfortuna; un tuono, dopo una sepoltura, segnalava che l’anima del defunto aveva raggiunto il cielo; si credeva che i fiori crescessero solo sulle tombe delle persone buone, su quelle dei cattivi potevano spuntare solo erbacce.

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