Guaritore Galattico di Philip K. Dick
Questo libro, uscito già per Bompiani a metà degli anni
Novanta, entra a far parte del catalogo Fanucci in un’edizione
curata dal professor Carlo Pagetti e con la nuova traduzione di Giuseppe Manuel
Brescia.
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Pagine 208 - 17 euro
in libreria – 16 maggio 2013
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GUARITORE GALATTICO È UN VIAGGIO UNICO VERSO MONDI ALTERNATIVI DELLA
FANTASIA DICKIANA NELLA NUOVA TRADUZIONE DI GIUSEPPE MANUEL BRESCIA.
Scritto
da Philip K. Dick tra il 1967 e il 1968, e pubblicato negli Stati Uniti nel
1969, Dick avrà modo di soffermarsi in più occasioni su Guaritore galattico
individuando in esso un momento di difficoltà e di crisi nella sua ricerca del
Salvatore (the salvific entity), che poi costituirà il centro de La Trilogia
d Valis. Giustamente riconducibile a opere dello stesso periodo come Ubik,
Guaritore galattico mescola motivi e forme della cultura sf più
convenzionale, spesso apertamente parodiati. Parodia dunque ma anche il continuo
lavoro su una sua idea del divino, e poi ancora, al di là dell’elemento
speculativo e religioso, l’utilizzo costante di un metodo intertestuale,
fatto di rimandi e di echi letterari (riferimenti espliciti a Yeats e a Brecht,
alla leggenda di Faust), che non riguardano solo la fantascienza, e che
rivelano un gusto evidente nell’attenzione al linguaggio e alle sue
manipolazioni. Nell’Exegesis (febbraio 1982, pochi mesi prima della morte),
Dick annota: «Guaritore galattico mostra la possibilità molto concreta di
sconfinare nella follia. Gli archetipi sono fuori controllo – vale a dire,
l’inconscio è ostile e si solleva per sommergere. Il libro è disperato e
spaventato, e si disintegra, come in un sogno, sempre più escluso dalla realtà.
Fuga, disorganizzazione: la via si è quasi esaurita.» Quasi. Insomma, l’autore
americano ribadisce che quel momento costituisce anche l’inizio del suo
risveglio creativo. Infatti, Guaritore galattico comprende anche una
riflessione sull’identità dell’artista e, in modo più specifico, sullo
scrittore di fantascienza. Man mano che procedeva nella sua attività di
scrittore, per Dick diveniva sempre più incalzante l’interrogativo dello
scrittore sul ruolo che una narrativa così marginale come quella
fantascientifica avrebbe potuto ritagliarsi nella cacofonia di voci che
riempivano l’orizzonte culturale americano, tanto più se accanto alla
dimensione estetica si manifestava l’urgenza di definire anche un rapporto con
il divino. Nel caso di Dick, bisognerebbe pensare allo scrittore di
fantascienza, che, fornito di poche pretese, cerca di ‘aggiustare’ le visioni
futuristiche e fantastiche dei suoi lettori, senza però dare a esse una
coerenza che non possono avere.
Siamo
nel 2046, in un’America totalitaria nella quale lo Stato controlla le azioni,
le parole e perfino i pensieri dei suoi cittadini, così come avviene ormai in
tutto il mondo. Joe Fernwright è un guaritore di vasi, in grado di far tornare
come nuovi i manufatti di ceramica che restaura. In un mondo dove tutto è fatto
di plastica, però, Joe si ritrova disoccupato e depresso. Con un matrimonio
fallito alle spalle, e senza prospettive, il suo unico divertimento è quello di
dedicarsi, con alcuni amici sparsi in tutto il mondo, a quel che Joe chiama
semplicemente il Gioco. Il Gioco consiste nel decifrare incomprensibili
traduzioni automatiche di titoli di libri e film, e risalire al titolo
originale. Un giorno, però, Joe viene contattato da Glimmung, un’entità dotata
di poteri quasi divini, e insieme ad altre persone altrettanto depresse e
alienate, e a una schiera di creature provenienti da tutta la galassia, si
imbarca in una grande Impresa: raggiungere un lontano pianeta per far
riemergere un’antica cattedrale sommersa sul fondo dell’oceano.