Curiosità letterarie. Giacomo Leopardi e i suoi "49 Desiderata"

“Il mangiar bene è occupazione interessantissima, la quale importa che sia fatta bene, perché dalla buona digestione dipende in massima parte il ben essere, il buono stato corporale, e quindi anche mentale e morale dell’uomo”.
Così Giacomo Leopardi nel suo Zibaldone.

Che il poeta recanatese avesse interesse per la buona cucina e fosse ghiotto è cosa nota ai più, testimoniata anche dallo scambio epistolare con la sua famiglia, nel corso del quale egli rivelò anche un certo senso commerciale. Ma quello di cui vogliamo parlarvi oggi è l'elenco di cose richieste […]  ossia i famosi "Desiderata": i 49 Desiderata, le cose richieste o desiderate, che compongono la lista dei piatti suggeriti da Giacomo Leopardi a chi si occupava di preparare i suoi pasti.

Oggi, 14 giugno 2018, ricorre l’anniversario della sua morte, avvenuta 181 anni addietro il 14 giugno 1837 a Napoli, in Vico Pero (Quartiere Stella) e noi vogliamo ricordarlo, memori anche del 220° anniversario della sua nascita, attraverso i suoi Desiderata culinari. E non solo.

Vi lasciamo infatti con alcune curiosità, sul poeta, filosofo e filologo tra i Grandi della letteratura italiana la cui personalità geniale e complessa si riversava anche nel suo rapporto con il cibo verso il quale aveva particolare attenzione.

Sorvolando sul "giallo" legato alla sua morte, secondo il certificato medico il decesso avvenne per “idropericardia” e non colera come sostenuto dai più, comunque… sorvolando dicevamo sulle ricostruzioni relative alle cause della sua morte e sul mistero delle spoglie mortali del poeta, partiamo da una delle “leggende metropolitane” affiancate alla sua fine terrena, ossia che sia avvenuta per un’indigestione di “cannellini”, una variante di confetti di cui Leopardi era particolarmente ghiotto: confetti di Sulmona, gelati e granite.
 “… due cartocci di confetti cannellini, di Sulmona…che venivano belli e fatti dalla patria di Ovidio…qualche cucchiaiata di quel denso brodo…”  ed una “… abbondante (sic) limonea gelata che qui chiamano granita.” .
Così si legge nelle memorie del Ranieri, un depistaggio vero e proprio stando alle ricostruzioni effettuate sulla vicenda ancora irrisolta della morte del Leopardi, ma nell'ambito della quale, come già detto, non ci addentreremo. L’interesse di questo breve articolo è quello di condividere, senza ulteriore pretesa alcuna, delle semplici curiosità, in realtà rivelatrici dell'indole del poeta di Recanati.

Andiamo quindi a conoscere i 49 piatti che compongono l'elenco dei cibi la cui lista autografa, stilata da Giacomo Leopardi, è conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli:


Tortellini di magro - Maccheroni o tagliolini - Capellini al burro - Bodin di capellini - Bodin di latte - Bodin di polenta - Bodin di riso - Riso al burro - Frittelle di riso - Frittelle di mele o pere - Frittelle di borragine - Frittelle di semolino - Gnocchi di semolino - Gnocchi di polenta - Bignés - Bignés di patate - Patate al burro - Carciofi fritti,  al burro, con salsa d’uova - Zucche fritte, ecc.  - Carciofi - Fiori di zucca fritti - Selleri - Ricotta Fritta - Ravaiuoli - Bodin di ricotta - Pan dorato -  Latte fritto, crema ecc. -  Purée di fagiuoli, ecc.-  Cervelli fritti, al burro, in cibreo - Pesce - Paste frolle al burro o strutto, pasticcetti ecc. - Paste sfogliate - Spinaci - Uova ecc. - Latte a bagnomaria - Gnocchi di latte -  Erbe strascinate - Rape - Cacio cotto - Polpette ecc. -  Chifel fritto - Prosciutto ecc. - Tonno - Frappe - Pasticcini di maccheroni o maccheroncini, di grasso o di magro - Fegatini - Zucche o insalate ec. con ripieno di carne - 
Lingua - Farinata di riso.

Questi i Desiderata, ma la lista prosegue con altre cose apprezzate dal poeta come la crescia (una sorta di piadina), gli scrocca fusi, le frittelle e altre tipicità marchigiane che Leopardi rimpiangeva lontano da casa.

Del suo soggiorno a Napoli, la città in cui il poeta morì, ricordiamo "les glaces à la napolitaine", tarallucci zuccherati che mandavano Leopardi in visibilio.

Il visibilio e l'abominio. Assoluto, per la minestrina. Noti sono i versi che il poeta recanatese le dedica in "A morte la minestra" e con i quali chiudiamo questo nostro breve e "curioso" percorso:
Metti, o canora musa, in moto l'Elicona
e la tua cetra cinga d'alloro una corona.
Non già d'Eroi tu devi, o degli Dei cantare
ma solo la Minestra d'ingiurie caricare.
Ora tu sei, Minestra, dei versi miei l'oggetto,
e dirti abominevole mi porta gran diletto.

O cibo, invan gradito dal gener nostro umano!
Cibo negletto e vile, degno d'umil villano!
Si dice, che resusciti, quando sei buona, i morti;
ma il diletto è degno d'uomini invero poco accorti!

Or dunque esser bisogna morti per goder poi
di questi benefici, che sol si dicon tuoi?
Non v'è niente pei vivi? Si! Mi risponde ognuno;
or via su me lo mostri, se puote qualcheduno;
ma zitti! Che incomincia furioso un tale a dire;
ma presto restiamo attenti, e cheti per sentire:
"Chi potrà dire vile un cibo delicato,
che spesso è il sol ristoro di un povero malato?"

È ver, ma chi desideri, grazie al cielo, esser sano
deve lasciar tal cibo a un povero malsano!
Piccola seccatura vi sembra ogni mattina
dover trangugiare la "cara minestrina"?

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