Quando la rabbia cede il posto alla gratitudine.

Che rabbia! Quante volte al giorno diciamo questa espressione o ci sentiamo arrabbiati? Oggi sono stata molto arrabbiata, ma improvvisamente un pensiero: se non mi fosse capitata questa catena di eventi sfortunati e snervanti, non mi sarei mai accorta di quante persone mi vogliono bene. Banale, direte voi, è vero, ma non mi succede spesso di vedere il bicchiere mezzo pieno.

Oggi mi sono semplicemente fermata, stufa anche di provare rabbia ed è stato allora che mi sono accorta di avere sotto al naso tante persone che in questa serie di sfortunati eventi mi stanno aiutando.

L’emozione della rabbia ha lasciato il posto al sentimento della gratitudine.
Non è dando sfogo all’ira che riusciamo a liberarcene. Al contrario (…) rafforziamo la cattiva abitudine di percepire e agire la sua violenta energia. (…) D’altro canto, nemmeno soffocare la rabbia serve a eliminarla. (…) Un’alternativa è rappresentata dalla pazienza.” Questo concetto di Thubten Chodron mi è rimasto impresso.

Ma che cos’è la rabbia?

La rabbia è un’emozione la cui funzione principale è quella di garantire la sopravvivenza all’individuo, connettendo all’ambiente la natura biologica della persona. Ad esempio in una situazione di pericolo piuttosto che la fuga scegliamo l’attacco.  Quando la rabbia permane smette di essere adattiva e diventa un limite, una zavorra che ci portiamo dietro.

Allora che cosa ci può aiutare nelle situazioni in cui siamo arrabbiati con qualcuno? 

Sicuramente fermarci perchè la “comunicazione arrabbiata” perde la sua capacità comunicativa. E’ meglio, allora, aspettare. È un processo graduale, proprio perché la nostra reazione collerica è un’abitudine ben radicata in noi.

Analizzando la rabbia, spostiamo la nostra attenzione dai fattori scatenanti per concentrarci sul nostro sentire (che cosa sto provando? Che cosa sento nel mio corpo?). Allora, riformuliamo la situazione, cercando il significato che ha per noi l’evento scatenante la rabbia. Possiamo, poi, provare a comprendere le esigenze dell’altro, ponendogli domande e ascoltandone le risposte. In ultimo è importante che comprendiamo l’altro, imparando a “chiederci se la persona che ci fa del male sia felice” (Thubten Chodron).

Oggi facendo spazio al mio sentire, allontanando lentamente l’emozione schiacciante della rabbia, è potuta emergere la gratitudine. Sono felice di non essermi impantanata nella collera.

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