Letture dal Passato: Intervista ad Amleto
Oggi per la nostra Rubrica Letture dal Passato vi proponiamo un'Intervista con Amleto in persona!
A cura della nostra Maria Grazia...
“Fa i salamelecchi alla mammella prima di succhiarla. Tutti così quelli della sua covata, per i quali questa età immonda sdilinquisce; hanno acquisito il tono dei tempi, l’abito esterno della conversazione: un amalgama feccioso che li solleva alla più sciocca e leziosa presunzione; ma solo che tu li spinga alla prova, queste vesciche si sgonfiano”.*1
Siamo fuori nella notte. Le parole giungono ancor prima di chi le pronuncia. Un’ombra sottile e scura si stacca dalle nere torri (quelle stesse torri infestate dallo spettro) e si fa avanti lentamente verso di noi.
“Il freddo taglia. Che aria gelata”.*2
Concordiamo pienamente. E proprio per questo non riusciamo a comprendere perché dobbiamo rimanere qui fuori!
Il Principe Amleto è impazzito! Lo dicono in molti…
“Sono pazzo soltanto fra tramontana e maestro; quando il vento spira dal sud, distinguo un airone da un falco” *3
Perbacco, ci legge nel pensiero! Di certo non ci aspettavamo una normale intervista, ma questo ci lascia, come dire, interdetti.
La strana pazzia di cui si parla, serpeggia nelle profondità scure dei piccoli globi che ci si avvicinano, lì dove riecheggiano sagacia e intelligenza; e qualcos’altro oltre al dubbio; quell’insano e tormentato dubbio che lo fa esitare.
E lui esita, nel vendicarsi del padre, nell’uccidere lo zio usurpatore, nel prendersi ‘giusta vendetta’!
“Essere … o non essere …”*4 sospira in un piccolo sbuffo d’alito che si condensa nell’aria di fronte a noi. Siamo ad un passo.
La nostra espressione si fa interrogativa, nonché perplessa.
“Non fate quella faccia! - ci dice, scrutandoci - il caro William*5 ha dato di che nutrirsi ad attori e saltimbanchi, per secoli …”
Facciamo qualche passo indietro, quasi a voler trovare un ‘posto’ adatto a questa strana conversazione. La luna fa capolino tra le nuvole, dense eppur vergognose. I suoi raggi ci illuminano e vediamo il suo volto. Affilato eppur delicato, dolente eppur scanzonato, oltre la sottile barba che ne traccia i contorni.
“Ebbene, - prosegue davanti al nostro stupore - volete forse che ve la reciti con un teschio in mano? …”
Non vorremo questo ma … ci ricomponiamo.
“Gentile signore, vorremmo solo capire …”
“Capire dite?” - ci interrompe subito. Quindi ci volta le spalle e prende a misurare a passi brevi e lenti il pavimento di pietre.
Restiamo in attesa. Si volta.
“Dunque, sia. Ma prima vorrei corregger certe licenze che vi prendete, oh, non voi, s’intenda bene, ma chi del teatro ha fatto mestiere, nel mettere in mano a chicchessia (non voglia essere un’offesa!) un teschio e farlo andar su e giù (in vece mia!) di tanta gravità intriso, declamando Essere o … non essere …”*6
Possiamo di certo farcene portavoce. “Di sicuro lo diremo!”. Il nostro tono è chiaro e fermo.
Ci viene nuovamente incontro con passo deciso e sorridente.
“Orbene Signori, siate benvenuti a Elsinore!” *7 prende la nostra mano e la stringe calorosamente.
“Chiedete, chiedete pure, dunque. Non abbiate timore e riserva alcuna e io vi racconterò dell’infido traditore, dell’infelice madre e della povera Ofelia …”
Il freddo si fa più pungente, ma è ormai chiaro che condurremo la nostra conversazione fuori. Sospiriamo appena, rassegnati. Ofelia. “L’amavate?” gli chiediamo d’impeto.
Abbassa gli occhi.
“Come posso rispondervi? Secondo la mia o la volontà di William?”
“La vostra”. Vogliamo che sia Amleto di Danimarca a parlare. Lui che insinua il dubbio in Ofelia, “dubita che anche il vero sia bugiardo …”* 8
“Ebbene, vi risponderò come mi conviene. Se non mi fosse stata destinata morte, l’avrei cercata io, dopo che la bella Ofelia ho visto coprire di terra davanti ai miei occhi … nemmeno l’amore di quarantamila fratelli farebbe tornare il conto del mio amore. * 9
I suoi occhi restano fissi nei nostri per tutto il tempo. Incrocia le braccia sul petto. Attende. Poi improvviso e repentino sbotta: “Non è stata forse una magnifica trovata quella della messinscena de l’Assassinio di Gonzago? Ah, far confessar quel ribaldo davanti alla sua stessa colpa!!”. Assume un’espressione compiaciuta.
Annuiamo. “Ma perché esitare, perché dubitare del vostro stesso padre, perché davanti alle prove, non cedere subito alla ‘giusta vendetta’?”
Per un attimo il silenzio diviene assordante e si accende di mille risposte. Emette una specie di gemito.
“Perché forse sono un codardo! – sussurra con voce grave – perché attendo, esito, tentenno, quando il sangue è lì, e macchia il nome di mio padre, suggella il tradimento di mia madre …”.
Si volta di nuovo. Di scatto. Temiamo di aver fatto la domanda sbagliata. Ci succede sempre così, la smania di sapere e …“Ora lasciatemi vi prego, lasciatemi al mio tormento e alla mia pazzia … chiedetelo a William, chiedete a lui …”. Si ferma, quasi a ripensarci, poi si allontana.
Le stesse parole sussurrate accompagnano la sua uscita di scena nelle ombre notturne. Ci lascia muti e sorpresi. Vorremo dire qualcosa, ma non sappiamo che dire! Restiamo così, in sospeso, nemmeno a metà della nostra intervista. Senza risposta alcuna e … nel dubbio!!!
Di certo, ne riparleremo con Shakespeare!
Nota 1: Amleto V. II
Nota 2: Amleto I. IV
Nota 3: Amleto II. II
Nota 4: Amleto III. I
Nota 5: William Shakespeare
Nota 6: il soliloquio di Amleto (atto III, scena I) viene spesso erroneamente citato accanto alla sua immagine che tiene in mano un teschio, scena che è in realtà nella parte finale del dramma.
nelle diverse rappresentazioni dell’Amleto si fa recitare tale scena la licenza è di alcuni autori che fdanno recitare la scena con il teschio in mano quando in verità Amleto prenderà il teschio solo nell’ultima scena ..
Nota 7: Elsinore è la capitale della Danimarca
Nota 8: II. II.
Nota 9: V. I.
Baci...
Ilaria