Letture dal Passato: Intervista ad Anna Karenina
Per la Rubrica "Letture dal Passato" un'altra intervista della nostra Maria Grazia, questa volta ad Anna Karenina...
Il Coraggio o la Viltà di morire?
Il lieve profilo
femminile si staglia oltre la densa fiamma crepitante nel modesto caminetto.
Avremmo
preferito un clima meno ostile. Soprattutto, dopo il freddo della Danimarca … Ma
lei è la protagonista di quello che Nabukov*1 (e non solo lui!) ha definito il
capolavoro letterario assoluto del XIX secolo e noi non ci perderemmo per nulla
al mondo la possibilità di incontrarla.
Periferia di San
Pietroburgo. Una serata qualsiasi. Non per noi.
Non abbiamo
voluto intervistarla tra splendori e ori, balli e feste, risate languide e
sgargiante ipocrisia. Abbiamo scelto per lei la semplicità di un camino, il
calore delle fiamme e l’ardore del fuoco che brucia e … lascia cenere …
E come l'amavo, Dio
mio, come l'amavo!... come l'amavo! Perché, adesso forse non lo amo? Non lo amo
forse più di prima?*2
Abbiamo pensato
e ripensato alle domande da farle, alle risposte che avremmo avuto, alle sue e
alle nostre reazioni.
Il suo tempo è
la somma di tutti i tempi. Drammi, falsi luccicori, politica, guerre, pace e …
amore.
Quell’amore che
è la ricerca continua di una felicità che non è di questo mondo …
Ed è forse dell’altro?
…
Lei è seduta
davanti al camino, su di una poltrona di pelle, moderna, come lo è lei.
Elegantemente abbandonata, l’espressione luminosa, i tratti distesi e
perfettamente delineati.
Ci accoglie con
un cenno distratto della mano. Ci riconosce. Sa chi siamo. Ci aspettava.
Lei è un’eroina
tragica e romantica, simbolo di un secolo, ma soprattutto di una sensibilità e
di un modo di essere … d’altri e questi tempi, dimostrazione vivente della
potenza devastante dell’amore. Delle regole e dell’infrangerle, della
liberazione e allo stesso tempo prigionia, in nome dell’amore che è l’unica
legge che conta.
Come
mi definireste: una donna talmente forte da rinunciare a vivere, o talmente
debole da non riuscire più a farlo?
Silenzio.
… Non tocca
certo a noi, giudicare.
Da un lato
Kitty, ‘imprigionata’ dal e nel rispetto delle regole sociali, dall’altro lei,
Anna, ribelle, appassionata, condannata a vivere l’infamia di una scelta fatta
con il cuore … sullo sfondo il realismo … un realismo che tocca la storia della
Russia dell’800, ma non è questo che ci interessa e di cui lei vuol parlarci.
Ci guarda. Abbiamo
voluto incontrarla nel nostro secolo. Nessun vezzo, nessun richiamo ai fasti,
al suo tempo. Perché ogni tempo è suo.
Se
volete incontrarmi, incontrate la donna, lasciate che sia lei a farlo e non il
personaggio! ci ha detto.
I suoi occhi
sono indefiniti, hanno il colore delle fiamme, l’incarnato rosato, i tratti
accesi. I capelli si disegnano sulla scia del buio, lunghi e ribelli.
“La
mia unica colpa - sussurra - è stato l’ostacolo alla mia felicità … ma chissà se avrei mai potuto
essere felice …”
“Credi?” le domandiamo turbati da una
tranquillità dettata da una strana rassegnazione. C’è un’atmosfera surreale che
accompagna quella che sembra una strana confessione. Senza schemi, senza regole
prefissate … così come le sarebbe,
forse, piaciuto vivere …
Ci sediamo. Si
volta appena e incrociamo il suo sguardo.
Quello stesso
sguardo descritto e che torna nelle pagine del libro…
Il fascino
indomito di una donna coraggiosa e fragile allo stesso tempo, intensa e
contrastata oltre ogni dire. E quel fuoco che la divora.
Vronskij. Il suo
male si chiama così …
“L’incostante
infelicità, benedetta a tratti da lame di falsa gioia, sono state la mia
condanna. E più cercavo la felicità negli attimi che mi conquistavo, più
sentivo l’insoddisfazione di tutto ciò che mi circondava …”.
E’ un fiume in piena, un flusso inarrestabile di emozioni che ci riversa
addosso, nella mente, nel cuore …
Ma
quegli attimi erano in quel momento la gioia assoluta?
“Si.” - aggiunge abbassando leggermente
il capo e tornando a perdersi tra le fiamme.
“Credo
sia l’unica cosa che conti, alla fine. La felicità non è di questo mondo. La
sua ricerca continua ci svilisce e condanna”. Sorride.
Un sorriso triste.
La sua assoluta
modernità e quel bisogno di essere amata, in un modo che suo marito, a
quell’epoca, forse non poteva capire … o per quella stessa ipocrisia e
orgoglio, forse non poteva lasciarle vivere …
Spesso
mi chiedo cosa pensano di me le nuove generazioni. La perenne insoddisfatta, la
suicida …Non sono certo un esempio di vita?
Un’eroina!
No, forse una donna folle d’amore. O folle e basta! … Come mi definiscono?
La sua voce è
ferma. La calma che l’accompagna ci lascia meravigliati.
Così
e in tanti altri modi, pensiamo.
Ma anche, colei
che si è uccisa, per amore …
Cosa
hai pensato prima di gettarti sotto quel treno?
… le chiediamo in un soffio.
Non
ho pensato. Ho agito e basta. Non credo ci sia bisogno di coraggio o altro.
…
Continua
imperterrita a guardare le fiamme, come se lì ci fosse la riposta ad ogni
quesito. Stringe gli occhi.
Quando
si arriva a desiderare la morte, semplicemente si sente che non si ha nessuna scelta.
L’assoluta
tragica corrispondenza con quell’incidente che apre la vicenda …
Lei
e Kitty… diverse, contrastanti, ‘distanti’ …
Una risata
spezza la strana calma che ci ha accompagnati finora. E’ decisa quando ci
risponde. I suoi occhi si staccano dal fuoco e si fissano nei nostri. Il suo
viso brilla, un sorriso amaro le curva le labbra …
“Ah,
Kitty!
…
Credo che morirei mille volte, mi ucciderei mille volte pur di non vivere una
sola vita, come la sua.
…
O
forse la sua è l’unica che valga la pena di essere vissuta!”
Nota 1: noto
scrittore russo
Baci...
Ilaria