Il potere sovversivo della letteratura, che è in grado di trasformare l'angoscia in qualcosa di meraviglioso e duraturo.

Buona giornata cari lettori! Qui da me c'è un tempo uggioso e freddino che non favorisce per niente il buonumore nè la voglia di fare alcunché. Ma le cose da fare sono sempre tante, a lavoro devo andarci comunque e quindi niente, il buonumore lo cerco nei libri! Questa settimana parliamo di una bellissima storia di vita vera.

Le cose che non ho detto è il secondo romanzo che leggo di Azar Nafisi, scrittrice iraniana e autrice del best seller Leggere Lolita a Teheran. Stavolta la Nafisi ci racconta la storia della sua famiglia, della sua infanzia e adolescenza, dell'amore viscerale per quel padre che le ha insegnato ad amare la letteratura e del rapporto controverso con la madre che viveva costantemente in virtù di ciò che sarebbe potuto essere. La storia è ambientata nell'Iran del XX secolo, si sposta tra gli anni precedenti la rivoluzione fino agli anni in cui al potere c'era Khomeini. Oltre alla storia della famiglia Nafisi, in questo romanzo c'è anche la storia dell'Iran stesso e della sua spesso dolorosa evoluzione nel corso degli anni.

Azar Nafisi è una scrittrice eccezionale, il suo stile pacato, elegante, ma allo stesso tempo pungente e spesso ironico, riesce a trasmettere al lettore un'ampia gamma di emozioni che non possono lasciare indifferenti. Stavolta l'autrice si concentra su sè stessa e sulla sua famiglia, ci troviamo davanti a una storia dalle tinte familiari e profondamente intimistiche, una storia che va a scavare nelle difficili dinamiche familiari di una famiglia iraniana che si trovò a vivere alcuni tra gli anni più difficili della storia iraniana.

Quello che colpisce maggiormente è proprio l'aspetto introspettivo che caratterizza questa storia, la Nafisi non nasconde nulla al lettore, racconta della sua famiglia e dei rapporti con i suoi genitori con candore ed onestà. I tradimenti del padre, l'amore che le ha trasmesso per la cultura iraniana, la letteratura e le storie; il rapporto sempre difficile con la madre, una donna forte ma intrappolata in un passato sempre ammantato di mistero.

Di pari passo con la storia della famiglia Nafisi, si svolge anche la storia dell'Iran. Nel libro è presente una consistente parte dedicata alla politica e alla società iraniana, gli stessi genitori della Nafisi furono politicanti, il padre fu per un periodo sindaco di Teheran mentre la madre fu tra le prime donne ad entrare in Parlamento. I difficili anni che seguirono la rivoluzione e la successiva presa di potere di Khomeini sono descritti in maniera estremamente vivida, leggendo sembra quasi di essere lì, tra le strade di Teheran.

Nonostante stavolta al centro della storia ci sia un racconto familiare, è sempre presente il profondo amore dell'autrice per la letteratura che nasce proprio dalle storie che il padre le raccontava. Quelle storie le permisero di crearsi un mondo alternativo in cui poter fuggire quando la realtà diventava troppo opprimente.

In questo romanzo troverete tanto: leggerete di una famiglia come tante con i problemi che accomunano un po' tutte le famiglie del mondo, passeggerete tra le strade di Teheran, pregherete che la rivoluzione porti ciò che ha promesso. Tutto questo mentre ascolterete le parole di Firdusi che,  nella miglior tradizione dei cantastorie persiani, vi racconterà dell'Iran che fu. Buona lettura!  

"Durante la Rivoluzione avevo capito quanto fosse fragile la nostra esistenza, e con quanta facilità tutto ciò che chiamiamo casa può esserci portato via. E ho capito che quello che mio padre mi aveva insegnato con l'immaginazione era un modo per costruirmi una casa oltre i confini geografici e le nazionalità, che nessuno potrà mai portarmi via. Quelle storie non hanno potuto ripagarmi o consolarmi della perdita dei miei genitori; ho però una casa che posso portare ovunque con me, una casa dove posso conservare la memoria e resistere alla tirannia degli uomini e del tempo."

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