Al cinema con Pinocchio di Matteo Garrone

Non è stata tra le mie favole preferite. Lo ammetto. Anzi, in verità non mi sono mai particolarmente piaciute le favole. E le fiabe. Rielaborate. Sono piuttosto una sostenitrice delle originali. Avete presente i fratelli Grimm?
Bene. Ma sto divagando.
Dicevo che la favola di Pinocchio non mi è mai piaciuta assai, ma questo remake cinematografico di Matteo Garrone l'ho trovato accattivante. Per chi ricorderà il nostro articolo natalizio, tra le varie pellicole in uscita ho citato anche quella sul famoso burattino. E sono andata a vederlo per me. E per voi. La bellezza del piacere è che raddoppia se viene condiviso.
Un bel cast e assoluta fedeltà alla storia di Collodi. Sì, forse apparentemente più fredda, ma compensata da atmosfere e da una fotografia emotivamente molto coinvolgenti. Polverose. Ecco. È così che appaiono.

Luci e ombre in quadri di volta in volta realistici e onirici. E tutto il film sembra una successione di quadri realizzati con minuzia. Una dimensione fiabesca dai tratti dark. Non vi nascondo che un po' mi ha fatto pensare al mio mito assoluto, Tim Burton.
Geppetto è toscano e ha il volto e la voce di un bravissimo Roberto Benigni; il Mangiafuoco di Gigi Proietti, sempre eccezionale (nel teatro itinerante aleggia l'accento partenopeo); Gatto e Volpe superbi, con Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini. Quest'ultimo veramente bravo. 
L'immancabile grillo parlante e la fatina. Una carrellata di personaggi, tutti bellissimi e antropomorfi, come lo stesso Pinocchio. Bravo Federico Ielapi.

Il burattino è vivo. Umano. Il suo volto è attraversato da vene legnose che lo fanno sembrare profondamente vivo e innocente. 

Il battito del cuoricino nel pezzo di legno, mentre Geppetto lo scolpisce, è una tra le scene più belle. Una purezza narrativa di una dolcezza infinita. È lì che si condensa lo scambio carnale tra creatore e creatura. E lì che si compie il miracolo tra babbo e figlio. 

Tra i vari personaggi merita una citazione a parte la lumaca. Deliziosamente materna e con la sua scivolosa scia di bava. 

Per il resto, lo sapete!
Pinocchio è disubbidiente, ingenuo. Si caccia nei guai continuamente. Salta la scuola per andare al teatro dei burattini e viene catturato da Mangiafuoco che poi commosso dal suo racconto lo libera. Incappa in Gatto e Volpe, viene salvato dalla Fatina e quindi finisce nel Paese dei Balocchi. Per concludere le sue peripezie nella pancia del pescecane. Qui ritrova il suo babbo. 

Quella della trasformazione in asino è un'altra scena molto bella che cattura lo spettatore. La terribile punizione per bugie e disubbidienza. E il regista vi indugia, quasi a sottolineare cosa attende chi tradisce l'amore paterno e le cure affettuose. La perdita di se stesso.
E comincia la redenzione. 

Non faccio mai, o meglio, mi sforzo sempre di non fare paragoni con film precedenti. Anche se è difficile, perché immediato e quasi naturale. 
Ogni regista ha una sua storia e un suo background culturale, emotivo e professionale. Penso che questo Pinocchio sia frutto di un nuovo tempo. Efficace e suggestivo, senza fronzoli per chi sa cogliere la profondità emotiva celata in colori e immagini, gesti e parole. 
Il tocco di Garrone è evidente. Credo sia una bella rilettura. A me è piaciuta molto.
E a voi?


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