[Intervista #19] Cofee Time with James Oswald

Buongiorno Lettori! Oggi una Super Intervista...
Il libro del male si concentra sulle vicende dell’ispettore McLean, un uomo costretto a riaprire il capitolo più doloroso e personale della sua vita, al fine di risolvere un misterioso e maledetto caso di pluriomicidio. Ogni anno, per dieci anni, il cadavere di una ragazza viene ritrovato alla vigilia di Natale: nuda, sgozzata, il corpo lavato dopo lo scempio. L’ultima è Kirsty, la fidanzata dell’ispettore Tony McLean. Nel nome del male, primo capitolo della serie, è stato osannato dal pubblico e dalla critica consacrando James Oswald come uno dei più grandi scrittori di crime fiction contemporanei, al pari di Ian Rakin: il The Guardian ha definito il volume “Un inizio eccellente per quella che si prospetta una serie imperdibile”, mentre il Daily Mail ha parlato di “Un fenomeno del web. Oswald è tra i migliori scrittori scozzesi di thriller”.


F.B. James Oswald, scrittore per passione e contadino, in pochi mesi è passato dall’autopubblicazione a essere autore di punta per alcune delle più importanti case editrici del mondo. Perché ha iniziato ad  autopubblicare i suoi racconti? Avrebbe mai immaginato un tale risultato/riscontro?
 
J.O. Ho pubblicato da solo i primi due romanzi dell’Ispettore McLean perché nessun altro li avrebbe pubblicati. Ho scritto Nel nome del male nel 2006 ed è stato nominato per il premio della CWA Debut Dagger nel 2007, ma gli editori non hanno apprezzato il mix di procedure poliziesche e indizi di influenza sovrannaturale. Ho avuto lo stesso problema con il sequel, Il libro del male, anch’esso nominato per il Debut Dagger l’anno successivo. Non conoscevo la possibilità di autopubblicare un ebook fino al 2011, quando un amico, lo scrittore Allan Guthrie, mi raccontò quanto questa esperienza si fosse rivelata efficace per lui. Così ho pubblicato entrambi i racconti aspettandomi di vendere qualche centinaia di copia all’anno e fare un po’ di soldi, ma il loro successo mi ha letteralmente sorpreso!

F.B. Lei vive nella bella e tranquilla campagna scozzese ma nel suo libro descrive scenari urbani caotici, oscuri e violenti: da dove nasce questo contrasto e qual è la sua fonte d’ispirazione?

J.O. Sono cresciuto in campagna, questo ambiente mi è sempre stato familiare, ma ho vissuto e lavorato anche in città. Ho sempre desiderato scrivere racconti dove la possibilità che gli spiriti maligni esistano davvero si scontrasse con una visione più razionale del mondo. Penso che questo funzioni meglio in un contesto urbano, in particolar modo in una città con una lunga storia. Londra sarebbe andata bene, ma Edimburgo è anche meglio. Per quanto riguarda da dove traggo l’ispirazione, la risposta è ovunque. Il segreto è riconoscere che qualcosa di quello che leggi, o che qualcun altro ti dice, merita di essere tenuta a mente. Devi sempre fare attenzione quando parli con uno scrittore – non puoi mai sapere dove potranno andare a finire le tue parole!

F.B. Cos’è il male per lei al mondo d’oggi?
 
J.O. Il male coincide con molte cose nel mondo moderno, ma per me assume sempre il valore di aggettivo più che di sostantivo. Le persone commettono atti di violenza per motivi strettamente egoistici, ma non penso che siano cattivi per natura. Non credo neppure a spiriti maligni, demoni e cose del genere, anche se me ne servo per le mie storie. La misoginia, il razzismo, l’intolleranza religiosa (all’interno e fra le religioni), la fede cieca…tutti questi elementi sono difetti della natura umana che ci portano a compiere il male.
 
F.B. La stampa inglese l’ha acclamato come il nuovo Ian Rankin: cosa pensa di questo paragone?

J.O. La stampa è sempre molto brava a etichettare cose e persone. Dal momento che i miei gialli sono ambientati a Edimburgo, I paragoni con Ian Rankin erano inevitabili. Ne sono lusingato – adoro i romanzi di Ian e aspiro a scrivere bene come lui – ma non penso che il confronto regga. Penso anche che Rebus e Tony McLean non andrebbero molto d’accordo tra loro.
 
F.B. Accade sempre più di frequente che le serie narrative vengano trasposte in serie televisive: sarebbe felice se l’ispettore McLean diventasse un personaggio di culto anche in tv? Chi vedrebbe bene nei sui panni?

J.O. Sarei onorato di vedere i miei racconti in una serie televisiva, ma non saprei proprio dire chi potrebbe interpretare il ruolo di Tony McLean. Le ragioni sono due: per prima cosa, non ho davvero idea di come Tony sia fatto fisicamente. Non viene mai descritto all’interno dei romanzi, perché sono scritti dal suo punto di vista. Questo artificio narrativo è abbastanza voluto in quanto dà la possibilità al lettore di immaginarselo come meglio crede. La seconda ragione coincide con il fatto che, essendo un contadino a tempo pieno e scrivendo due o tre romanzi l’anno (scrivo anche fantasy sotto il nome di J D Oswald), raramente riesco a guardare la tv, di conseguenza non conosco i nomi degli attori che potrebbero interpretare questo ruolo. Se mai tale serie televisiva venisse prodotta, ciò che sarebbe interessante sarebbe vedere come reagirei ad avere un volto fisico-l'attore scelto- nella mia testa quando scriverò il prossimo libro della serie. Sarebbe un bel problema!

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