Poseidone, che i romani chiamavano Nettuno, era figlio di Cronos e di Rhea Cibele, quindi fratello di Zeus. Quando Zeus liberò i suoi fratelli costringendo il padre a rigettarli, durante la spartizione del regno donò il regno del mare a Poseidone e siccome il mare gira intorno alle isole e i continenti, Poseidone fu chiamato anche "il dio che racchiude e tiene prigioniera la Terra". Il suo regno si estendeva fino alle isole e alle spiagge ma il dio abitava le profondità del mare, laggiù sorgeva il suo palazzo, i cui muri erano di madreperla, con decorazioni di corallo e di gemme. A volte il dio emergeva dal mare per passeggiare sulla superficie delle acque ritto in piedi con in mano il tridente, stava sopra un carro tirato da quattro cavalli bianchi che avevano zoccoli di bronzo, seguito da tutta la sua numerosa corte: Tritoni, Nereidi, Sirene. Come il mare, di cui era il signore, anche Poseidone era di umore inconstante; se a volte sorrideva altre volte si irritava e diventava violento. Queste erano la causa dei maremoti, delle onde alte, del mare in tempesta ma nei suoi giorni sereni le acque erano calme e le giornate miti. Anche i terremoti del retroterra erano attribuiti a Poseidone, era il padrone delle onde e aveva libero arbitrio sulla bonaccia e sulla tempesta. Quando Eolo, il signore dei venti, per far piacere ad Hera, scatenò tutti i venti e suscitò, a insaputa di Poseidone, una burrasca contro le navi di Enea, il dio emerse, furibondo dal profondo del mare placando le acque e risollevò a galla col suo tridente le navi affondate. Poseidone sposò Anfitrite, figlia di Nereo e di Doride, era dunque una delle Nereidi. Da Anfitrite ebbe tre figli: Tritone, che significa "mormoreggiante; e due femmine Rode, che diede il suo nome all'isola di Rodi e Bentesicima, "la sollevatrice dei flutti più profondi". Come le altre divinità del mare Proteo e Nereo, Poseidone poteva cambiare forma, questo attributo sta a significare il volubile aspetto del mare. Era un dio molto venerato, soprattutto sulle isole; la stirpe degli Jonii, popolo di marinai, lo considerava il suo dio nazionale. A Corinto si tenevano ogni due anni i famosissimi Giochi Istmici, in onore di Poseidone. Al dio del mare erano sacri il cavallo e il delfino; tra le piante gli era sacro il pino. Veniva rappresentato simile a Zeus, solo un pò più irrequieto e meno maestoso, ma alto e robusto e con una muscolatura poderosa, da vecchio lupo di mare, coi capelli e la barba neri e arruffati e sempre col tridente in mano.
ADE. Il Signore dell'Oltretomba
Un tormentato passato
Fratello maggiore di Poseidone e Zeus, Ade vide per la prima volta la luce del mondo grazie a quest'ultimo quando, in un passato antecedente la nascita degli esseri umani, il futuro sovrano dell'Olimpo si ribellò al padre Crono. Quest'ultimo, ossessionato dall'idea che un giorno i suoi figli potessero detronizzarlo e che il destino ch'egli riservò al padre Urano si ripetesse, iniziò a fagocitare senza il minimo rimorso ogni infante che la moglie Rea metteva al mondo. Il destino cui andò incontro Ade non fu diverso da quello dei suoi fratelli e sorelle. Prima ancora che i suoi occhi potessero abituarsi alla luce, un oscurità senza tempo si impadronì nuovamente di lui, fino a quando la lama di Zeus, sfuggito a tale sorte, non lacerò il fianco del Titano riportando alla vita i suoi fratelli ormai divenuti adulti. Immensa fu la gratitudine che le divinità riservarono a Zeus per averli liberati da quella prigione di carne, e tutti giurarono eterna fedeltà al loro salvatore, pronti ad affiancarlo e a seguirlo in qualunque impresa. Tutti, tranne Ade, che nelle profondità dell'immenso corpo del padre, e pur odiando quest'ultimo, si sentiva al sicuro, in qualche modo protetto da quel buio che lo avrebbe nascosto agli occhi di chiunque. Ade affiancò Zeus nella guerra tra Dei e Titani, e fu proprio lui, entrato in possesso di un elmo dai poteri oscuri capace di celarlo alla vista di chiunque, a violare la sicurezza della fortezza di Crono, varcarne le mura e sottrargli le armi più potenti del Creato. Un Tridente capace di richiamare a sé il controllo sull'elemento dell'acqua, e la terribile Folgore, pura energia capace di frantumare la roccia e mettere in ginocchio con un solo colpo persino un immortale. Ade donò ai suoi fratelli queste armi dagli incredibili poteri, tenendo per sé solamente l'elmo. Spodestato Crono però, il Dio dagli occhi Rossi come fuoco si pentì amaramente della scelta compiuta. Inebriato dal potere che la Folgore gli conferiva, Zeus aveva imposto la sua autorità su tutti gli Dei, e dopo essersi spartito con uno stratagemma il dominio del creato con i suoi fratelli, condannò con demagogica astuzia Ade a dimorare nell'Oltretomba, luogo adibito a prigione di Crono e Rea e ad erebo di eterno riposo per le anime di quegli esseri singolari nati dalle ceneri degli altri Titani sconfitti: gli esseri umani. Afflitto nello spirito, e ferito nel corpo dalle fiamme che lambiscono il confine con gli Inferi, Ade poté riabbracciare quella nostalgica oscurità perduta, e fondare in essa le radici del suo Regno. Ma nelle profondità degli Inferi non vi erano destinate solo le anime immortali degli umani, ma bensì anche tutte quelle creature che rifiutavano con sdegno il dominio di Zeus. Ade si ritrovò Dio tra i diavoli, e non gli fu difficile imporsi e fare di essi i suoi fedelissimi e spietati servitori. Temuto e rispettato per l'oscuro potere acquisito, e per il rancore celato nei confronti dei fratelli e sorelle, ad Ade fu permesso per un certo periodo di fare ritorno sull'Olimpo ogni qual volta lo avesse desiderato. Zeus lo chiamava "rapporto di buon vicinato", ma Ade preferiva riferirsi a quel comportamento chiamandolo "paranoia di un maniaco del controllo", e probabilmente proprio di quello si trattava. Numerose erano le indiscrezioni secondo le quali Zeus aveva incaricato dei messi alati di spiare Ade nel suo Regno, nel timore ch'egli potesse organizzare azioni eversive che avrebbero minato la stabilità che il sovrano dell'Olimpo aveva costruito attorno al suo trono. Probabilmente, dato il modo in cui Ade era stato usato e ingannato, Zeus aveva buona ragione di preoccuparsi, ma nessuno dei suoi inviati ebbe modo di poter lasciare l'Oltretomba per confermare o smentire questa preoccupazione. Per tal ragione, il Re degli Dei si sentiva infinitamente più tranquillo quando aveva il fratello attorno, rispetto ai lunghi periodi in cui di lui non aveva la benché minima notizia. Questo equilibrio però si reggeva sulla paura reverenziale che tutti gli immortali nutrivano nei riguardi del loro Signore, e come tale era estremamente flebile. Bastarono gli occhi azzurri di una giovanissima Dea, ed il suo tocco privo di timore nei confronti di Ade, a far sì che questo equilibrio vacillasse, dopo la richiesta di quest'ultimo di avere in sposa la giovane Dea una volta raggiunta la piena maturità. Zeus si oppose fermamente, e dal diverbio tra i due fratelli scaturì la decisione di chiudere i cancelli dell'Olimpo al Dio degli Inferi. Il cuore di Ade sprofondò in un abisso di solitudine peggiore di quello in cui era abituato a vivere, non perché sentisse la mancanza dei fasti della vita Olimpica, quanto per la reale nostalgia verso quegli occhi di ghiaccio, e il tocco di colei che sola dopo un tempo infinito era riuscita a farlo sentire apprezzato, compreso, uguale a tutti e non un mostro camuffato da Dio. La nostalgia di Persefone.