«Io penso che siamo partiti con il piede sbagliato.» dichiarò Dawson, quando la cameriera tornò con le nostre ordinazioni. «Non so cosa faccia di sbagliato con te, ma sembra terrorizzarti. Forse sbaglio approccio.»
«No.» Mi affrettai a dire, ma in realtà era proprio quello a spaventarmi. «Forse sì. Non lo so. Insomma, non capisco cosa vuoi da me.» Afferrai una bustina di zucchero e la versai nella mia tazza fumante. Poi ne presi altre due.
«Ricominciamo da zero, ti va?» chiese, allungando una mano sopra il tavolo. «Io sono Dawson.»
Osservai la sua mano per diversi secondi, ricordandomi la fitta allo stomaco che avevo provato la prima volta che lo avevo visto in corridoio. Lentamente, allungai la mano sopra il tavolo scarlatto, sul quale comparivano svariate bustine di zucchero aperte e le nostre tazze ancora piene e calde, e strinsi la sua. «Piacere di conoscerti, Dawson.»