[Intervista] Coffee Time with Loredana De Vita


Intervista a Loredana De Vita, autrice e studiosa napoletana
F.B. Loredana De Vita, napoletana, autrice di numerosi libri di cui tre editi da Nulla Die Edizioni: Donna a metà, 2014, Oltre lo specchio, 2014, e nel 2015, Alla scoperta dell'invisibile, adolescenti alla ricerca di sé, pubblicato nella collana Nuovo Ateneo dedicata da Nulla Die alla saggistica. Puoi presentare i tuoi libri?

L.D.V. Quando comincio a scrivere seguo sempre una riflessione sulla realtà che mi circonda, su quelli che sono i temi portanti di una società che mi appare spesso confusa e dispersiva o persa dietro una serie di luoghi comuni che non condivido. La mia scrittura, cioè, non si distacca mai dalle storie delle persone che incontro. Così, in Donna a metà, cerco di superare gli schieramenti del maschile o del femminile fine a se stesso per ricondurre i termini della discussione su un piano di costruzione più che di distruzione non potendo uomini e donne fare finta di non esistere per se stessi e gli uni per gli altri. Parlo, quindi, di reciprocità e di reciproca valutazione. Considero Oltre lo specchio, invece, come una sorta di prosieguo culturale di Donna a metà, nel senso che attraverso la cultura umanistica e/o scientifica individuo l’ovvietà di molti stereotipi che possono essere superati solo lavorando sul valore unico di cui ciascuna persona è latrice. Un superamento, insomma, delle divisioni proprio grazie alle magnifiche differenze che ci caratterizzano in quanto esseri viventi e pensanti. In Alla scoperta dell’invisibile, adolescenti alla ricerca di sé, senza abbandonare la cura per la persona umana e per la sua specificità, pongo i termini di una questione educativo/formativa alla base di ogni relazione e, in particolare, del complesso confronto tra adulti e adolescenti. Un confronto risolvibile grazie a quella che io chiamo con un anglismo educare cioè cura per la formazione.


F.B. Il confine tra romanzo e saggio è a volte molto labile; nei tuoi libri è netto?

L.D.V.  No, non direi questo, anzi forse è il contrario. Una cosa che ci si aspetta da un saggio è lo studio accurato e approfondito del tema di cui si vuole trattare e, indubbiamente, questo non manca ai miei saggi come testimoniano anche le nutrite bibliografie, ma oltre allo studio specifico e settoriale non manca mai la vita quotidiana del mio vissuto. Dico spesso che anche scrivere saggi è narrare delle storie; la saggistica è, per me, una narrazione solo che invece di narrare di episodi specifici racconto di un modo di essere, del mondo del mio essere e dei tanti mondi diversi delle persone che incrocio lungo il mio percorso, che camminano con me per un suo tratto, alcune ancora lo fanno, tutto questo si concretizza negli infiniti mondi possibili da cui la vita è costituita.


F.B.Nella breve descrizione a calce della quarta di copertina, si legge: “Loredana De Vita, scrittrice, sceneggiatrice e regista teatrale, insegna inglese in un liceo di Napoli...”

L.D.V. Insegno da moltissimi anni sebbene mi sembrino ancora pochi per il piacere che mi dà trovarmi accanto ai miei ragazzi e crescere insieme a loro. A dire il vero, ho cominciato a lavorare come traduttrice, poi mi fu offerta una supplenza e da allora non ho mai più lasciato la scuola. Credo che in un tempo in cui in pochi siano davvero interessati alla cultura e alla formazione, comprendere il valore dell’insegnamento sia una specie di privilegio per i pochi “partigiani” della scuola che resistono al consumismo e ai principi economici che regolano il mercato come anche il cuore della nostra società ponendosi come confine tra ciò che significa essere e cosa apparire. C’è molto dolore nell'insegnare così e ci vuole anche molto coraggio, ma scorgere un pensiero libero che nasce nella mente anche di un solo ragazzo è una fonte di inesauribile soddisfazione e speranza. Per questo insegno e per questo non smetterò.

F.B. Una biografia scarna, da te scelta, che però incuriosisce: cosa aggiungeresti?

L.D.V. Così, per gioco, potrei dire come mi è capitato di fare, che pago le tasse e amo la vita. In realtà, a parte che sono vere entrambe le cose, potrei dire che sono giornalista, counsellor, organizzatrice di eventi, ma tutto questo, che sono io, non sono completamente io. Mi riconosco nella riservatezza, nell’attenzione silenziosa e leale verso gli altri, e non amo parlare di me lasciando che siano gli altri a scoprirmi e a cercarmi. Sono uno spirito libero e per questo una persona difficile.

F.B. Napoli è la città di altre autrici di Nulla Die: come vivi la tua città?

L.D.V.  Napoli. E’ una città il cui nome già ti riempie la bocca. E’ una città verticale e orizzontale, una città complessa ma non difficile. Una città da cui a volte desideri andare via ma poi ti accorgi che non puoi che restare perché c’è un silenzioso bisogno di te, di persone che ci credono e che non hanno paura. Una città di contrasti forti, il cielo e il mare, la luce e il buio delle piazze o dei vicoli, arte e morte, una città curiosa ma distratta. E’ una città tesa nell’ordinario come nello straordinario, punita per colpe non commesse e assolta per quelle che non bisognerebbe perdonare, ferita nel sangue dell’innocenza e abbandonata dai predatori del tempo, odiata dalla brama di potere e ripudiata da chi non ne ama il respiro acre nello sguardo pieno di sole. Napoli è così. Così io vivo Napoli.


Attraverso l'analisi di figure femminili tratte dalla cultura letteraria, scientifica e spirituale, il libro riflette sullo sguardo oltre lo specchio che ciascuno dovrebbe imparare a riconoscere in sé. La visione che offriamo di noi stessi e dell'altro può generare stereotipi, soprattutto di genere, che condannano noi e la nostra cultura a dolorose discriminazioni, ma può anche insegnare a includere il sé e l'altro perché ciascuno possa avere nei fatti e non solo a parole il diritto di essere se stesso. Oltre lo specchio vuol dire, dunque, donne che si guardano, e anche uomini che guardano se stessi e le donne, provando a entrare nel loro specifico femminile senza interpretarlo alla luce delle proprie convinzioni non provate, ma alla ricerca di ciò che realmente l'altro è e di come prova a farsi spazio nella propria realtà.
Questo saggio indaga con una prospettiva del tutto nuova un tema che da sempre appassiona e divide generazioni di pensatori e studiosi. È di grande attualità per tutti, proprio mentre è in corso la riscrittura dei rapporti fra le nuove e le vecchie generazioni. Ne emerge rivisitata la funzione dell'educare e dell'educazione, pensata non più come un'azione unidirezionale che procede dagli adulti ai minori e neanche come un'ovvia interazione fra i due attori del processo educativo. La cifra, l'intuizione da cui l'autrice muove, è una inconsueta "etimologia" di educare, nella quale la centralità dell'azione diviene il "to care", il prendersi cura, l'un l'altro in un rinnovato tacito patto fra generazioni.
Esperienze di vita vissuta dimostrano che confrontare la realtà maschile e quella femminile favorisce il superamento dei reciproci stereotipi e conduce a relazioni più mature e sane, di cui si sente il bisogno soprattutto alla luce dell’attenzione mediatica oggi riservata ai terribili eventi di "strage di donne". È dunque una certezza, non un’utopia, che da un confronto privo di (pre-)giudizi di merito fra uomo e donna possa scaturire il riconoscimento delle peculiarità dell’altro come persona unica, al di là di ogni discriminazione e stereotipo di genere. Il saggio propone spunti di riflessione in questo senso, nel tentativo di incoraggiare alla ricerca del valore autentico degli uomini e delle donne con cui ciascuno di noi vive. Loredana De Vita insegna attualmente Lingua e letteratura inglese presso un liceo di Napoli. Appassionata di teatro, ha curato la sceneggiatura e la regia di numerose pièce teatrali. Tra le sue pubblicazioni, per i tipi di Armando editore: Giochiamo che ero… Conversazione con chi ama la scuola (2009), Genitori senza controllo(2010), Altro non siamo che voce (2011).

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