Oggi per gli amici de “La Fenice Book” ho il piacere di intervistare un autore straordinario, Enzo Gianmaria Napolillo. Ha scritto “Le tartarughe tornano sempre” edito Feltrinelli, trovate la mia recensione qui. Credo di potermi sbilanciare nel dire che è un romanzo meraviglioso. Io me ne sono innamorata.
Enzo Gianmaria benvenuto tra gli amici de La Fenice Book.
Grazie, è un piacere.
Chi è Enzo Gianmaria Napolillo? Guardati allo specchio e dimmi cosa vedi. E del bambino Enzo è rimasto qualcosa?
Vedo un ragazzo, anche se quando mi chiamano giovane scrittore arrossisco. Poi penso alla strada percorsa e a quella che mi aspetta. Ci sono state delusioni, disillusioni, ma non ho mai smesso di inseguire il mio sogno. "Le tartarughe tornano sempre" è dedicato "a chi non si arrende e continua a cercare", è una dedica rivolta anche a me stesso.
Mi piace giocare, e adesso che ho un figlio molto piccolo è lui a ricordarmi quanto sia importante vivere un'infanzia spensierata. L'unico periodo della vita in cui la felicità può essere assoluta.
“Le tartarughe tornano sempre” è un romanzo meraviglioso. Quando ti sei accorto di voler raccontare questa storia? E Perché? Quanto c'è di te in Salvatore?
Grazie, davvero. Le parole dei lettori sono importanti.
"Le tartarughe tornano sempre" nasce da un racconto scritto per una mostra il cui titolo era "Essere italiani". Quando per vari motivi ho dovuto pensare a un nuovo romanzo, il protagonista del racconto, Salvatore, mi ha chiamato dal cassetto chiedendomi di raccontare la sua storia.
Volevo che lui e Giulia vivessero un amore il più delicato possibile, ingenuo come solo il primo amore può essere. Un’ingenuità di cui ho grande nostalgia, che purtroppo si smarrisce diventando adulti. E volevo capovolgere il punto di vista presente in molti romanzi che trattano di migranti, raccontando di due ragazzi italiani testimoni di una tragedia che non si può dimenticare, che li colpisce nel profondo, e influisce sulle loro scelte. Seduto sul mio divano ho spesso provato indignazione e impotenza leggendo articoli o guardando reportage. Nella vita reale mi sono scontrato con visioni razziste, parziali e insensibili, ho compreso che ciò che avvicina le persone sono le storie, i volti, il dolore negli occhi. E ho voluto che Salvatore si facesse portatore di questo messaggio.
Lo hai immaginato sul grande schermo? Io sì. Chi il regista e quali gli attori?
Mi piacerebbe vedere Giulia e Salvatore al cinema, anche se non riesco a vedere degli attori in particolare. Mentre i registi che posso immaginare sono due, molto diversi tra loro: Crialese e Muccino.
Molti lettori sognano di diventare scrittori. Secondo te c'è un metodo o una scaletta da seguire o come dicono molti scrivendo di getto?
Credo non esista una regola, ogni volta che comincio un nuovo romanzo è sempre un’avventura diversa. A volte prendo appunti e conosco già il finale, altre lascio pieno potere ai personaggi di scegliere e crescere.
Quello che serve per scrivere è leggere tanto, avere costanza, non aver paura di tagliare brani, di riscrivere. E uno spirito critico accentuato, essere severi con se stessi.
Un segreto, un sogno, un viaggio ancora da fare...
Nelle pagine dei miei romanzi mi piace inserire piccoli camei. Ne “Le tartarughe tornano sempre” ci siamo io, mia moglie e mia mamma. Riesci a trovarci? Il mio sogno di vivere di scrittura è legato alle persone a cui voglio bene, e a un luogo in cui sentirmi a casa. Tutti i viaggi che non ho ancora fatto, tornare in Irlanda, visitare l’Islanda.